Data: 14/05/2018 12:00:00 - Autore: VV AA
di Marino Maglietta e Ilaria Fuccaro* - Dopo le istruzioni per l'uso della coordinazione genitoriale è doveroso passare in rassegna e discutere, per punti, gli aspetti più critici di tale strumento che è oggetto di sempre maggiore interesse.

Perché ancora uno strumento ADR? Quando e per chi utilizzarlo?

Ci sono situazioni che si sono rivelate di gestione molto difficile se affrontate con i metodi tradizionali. Il sistema legale non può intervenire di continuo, per motivi sia di costi che di tempi; la mediazione fallisce. D'altra parte non si può abbandonare quel gruppo familiare a se stesso, in presenza di figli minorenni. La CG, allora, può risolvere il problema.

Nella nostra opinione, tuttavia, non è felice scelta quella più largamente praticata di includere anche le situazione di violenza ed escludere quelle in cui i genitori si contestano ogni minima decisione - pur parlandosi - delegandole agli interminabili scambi epistolari tra i difensori. Riteniamo, viceversa, opportuna una "traslazione verso il basso" nella scala della litigiosità, escludendo la violenza e includendo la fascia di situazioni di media gravità.

La CG è gratuita o a pagamento? Esistono coordinatori del servizio pubblici e privati? Perché si dice che il servizio di CG dev'essere collegato con servizi di mediazione familiare?

La questione se si tratti di un servizio a pagamento ovvero offerto gratuitamente alle coppie risulta controversa: infatti c'è chi ritiene preferibile la gratuità e si adopera per stipulare convenzioni con enti pubblici ovvero la considera delegata ai pubblici servizi, ove in grado di organizzarla, al fine di garantirne l'accesso a chiunque a prescindere dal censo. Altri, al contrario, ritengono preferibile che sia a pagamento al fine di selezionare e maggiormente responsabilizzare le coppie. Così, soltanto i più determinati intraprenderebbero questo cammino. Nella realtà odierna in cui la CG è ancora in fase embrionale, sembrano esistere prevalentemente CG privati con l'unica eccezione, per il momento, del caso di Civitavecchia dove - in seguito ad una convenzione tra Tribunale, Università e ASL - è stato istituito uno sportello-famiglia in cui operatori della ASL specializzati nella mediazione delle coppie altamente conflittuali offrono un servizio di CG.

La questione circa la natura pubblica, privata convenzionata o privata della CG , in conclusione, pare strettamente connessa e logicamente dipendente dalla questione sopra esaminata in merito alla gratuità od onerosità di tale "servizio".

La necessità di un collegamento del servizio CG con servizi di mediazione e coordinazione, così come fino ad ora emerso nella pratica delle CG in atto, sta a significare che i professionisti coinvolti, pubblici o privati che siano, devono essersi formati alla mediazione, in attesa che venga formalizzata e ufficializzata la professionalità del coordinatore.

La CG può essere disposta dal giudice? Se sì, cosa accade se un genitore la rifiuta? In cosa il percorso imposto – se ammissibile – differirebbe da quello volontario?

Ci sono correnti di pensiero diverse sull'opportunità di farlo. Chi vede nel CG soprattutto un mediatore ritiene che sia possibile solo nel caso di affidamento ai servizi; chi, invece, pensa soprattutto a un ruolo di ausiliario, come il CTU, è convinto di sì. Tuttavia, a prescindere dalla opportunità, una certezza si può averla: in Italia è già accaduto che sia stato nominato dal giudice e con affidamento ai genitori. Quanto alle differenze, si può prevedere che alla scelta fatta dalle parti si accompagni una adesione alle valutazioni del CG più convinta, più interiorizzata, mentre se l'intervento viene imposto saranno più frequenti le contestazioni e i tentativi di scrollarselo di dosso. D'altra parte è anche vero che i casi in cui è il giudice a nominare il CG sono anche i più difficili da gestire e in quei casi la nomina serve anche a dargli la necessaria autorevolezza.

Si può attivare una CG direttamente, su disposizione del giudice, senza passaggi intermedi?

No, la preliminare costruzione di un Piano Genitoriale (PG) è indispensabile, per avere un documento al quale rifarsi in caso di contestazioni

La mediazione, effettuata dopo l'udienza presidenziale, fallisce, oppure la coppia non accetta di andarci. Ha senso che il giudice chieda comunque l'elaborazione di un PG? Qual è a quel punto la sua utilità? Se e quale contributo può dare, a questo punto dell'iter, un intervento di tipo mediativo?

E' normale, al contrario, che un tentativo di mediazione sia fallito, perché abbia senso passare alla CG, visto che è destinata alla coppie altamente conflittuali. Quanto al PG, è vero che la coppia potrebbe non riuscire a concordarlo, ma disporne è indispensabile ugualmente, come "manuale di istruzioni"; in tal caso lo prepara il giudice, da solo o con l'intervento del personale di Sportello. E comunque il passaggio assistito del tentativo di costruzione congiunta del PG risulta prezioso per aiutare la coppia a riconcentrarsi realmente sul benessere dei figli, apprezzando al contempo i vantaggi per tutto il gruppo familiare del passaggio dal conflitto al consenso.

Quali argomenti possono porsi a fondamento del potere del giudice di ordinare la CG?

In effetti, se si assimila la CG a un trattamento sanitario questo non potrebbe essere obbligatorio, ai sensi di quanto disposto dall'art. 32 della Costituzione. Tuttavia, la difficoltà viene superata dalla necessità di assicurare un'effettiva realizzazione della bigenitorialità. In altre parole, il precetto costituzionale citato deve essere armonizzato con il diritto dei minori all'integrità psicofisica e al sano sviluppo della loro personalità, diritto di pari rango costituzionale, che affonda le sue radici nel disposto degli artt. 2 e 3 della Costituzione.

La durata della CG può essere predeterminata? Possono le parti sottoporsi autonomamente a una CG? A quali regole è sottoposto il contratto con il CG? Cosa cambia rispetto a quando è disposta dal giudice?

La durata della CG non può essere stabilita a priori cioè senza fare attenzione al livello di conflittualità in concreto che presenta quella coppia e senza un'analisi dei suoi meccanismi interni e degli aspetti più o meno critici. Si ritiene, comunque, all'interno del sistema legale, che sei mesi possano essere un lasso di tempo sufficiente per individuare quelli che possono essere definiti i "fattori di rischio" della coppia o, in altre parole, gli aspetti maggiormente problematici della stessa.

Nel caso in cui sia state le stesse parti a scegliere liberamente di affidarsi ad un CG, la determinazione dei termini minimi e massimi è lasciata all'autonomia contrattuale delle stesse ai sensi dell'art. 1322 c.c., con il limite della realizzazione di interessi meritevoli di tutela secondo il nostro ordinamento. Se la coppia concorda di rivolgersi a un CG esce dall'ambito delle tutele giuridiche specifiche e anche i poteri del CG sono solo quelli che emergono dal contratto. Per comprendere meglio la differenza si può pensare a una coppia che vada spontaneamente in mediazione e non faccia omologare gli accordi.

La CG può intervenire sia in fase istruttoria che al termine del procedimento?

La CG può essere disposta già in fase istruttoria con un provvedimento provvisorio da parte del G.I., analogo a quello che dispone una CTU, ovvero nella sentenza (per le coppie sposate) o nel decreto (per le coppie non sposate) che definisce il procedimento. Nulla vieta, poi, che possano essere le stesse parti a voler intraprendere un autonomo percorso di CG, una volta terminato il procedimento giudiziale e pur se il tribunale non lo abbia disposto. In questo caso, tuttavia, la coppia resterebbe sguarnita delle garanzie offerte dal vaglio giudiziale e/o dall'incorporazione della CG in un provvedimento giudiziale.

Quali sono i criteri e le modalità seguite nella scelta dell'operatore?

Dipende da chi lo nomina. Si può presumere che a regime vengano creati elenchi presso i tribunali, ai quali attingere. Al momento attuale, tuttavia, esiste un assoluto potere discrezionale: la magistratura si orienta verso operatori collaudati nel lavoro con coppie altamente conflittuali, formati alla mediazione familiare, tipicamente selezionati presso i Servizi Sociali e/o tra i soggetti ai quali vengono affidate le consulenze tecniche di ufficio; ovvero il requisito essenziale è la fiducia personale del giudice. Quando sono le parti a nominarlo, fermo restando orientativamente il possesso dei medesimi requisiti, lo step decisivo è rappresentato dalla convergenza di entrambi verso il medesimo nominativo.

Il giudice può scegliere indifferentemente tra un CG pubblico e uno privato? Ci sono dei criteri?

Quello del CG è un ruolo che, per sua natura, potrebbe essere svolto nel settore pubblico come nel settore privato, configurandosi nell'un caso gratuito e nell'altro a pagamento. Ad oggi i giudici, nel disporre percorsi di CG, si sono orientati prevalentemente a favore del settore privato. Tuttavia, vi è il caso del tribunale di Civitavecchia. Lì, infatti, sono gli stessi presidente f.f. od il collegio a disporre l'invio della coppia già in sede di decreto di fissazione della prima udienza.

Si ritiene, pertanto, auspicabile che il tribunale individui professionisti pubblici o privati convenzionati, a meno che non siano le stesse parti a dichiararsi disponibili ovvero ad indicare e richiedere loro stesse un CG privato di fiducia.

E' opportuno, e caso mai perché, che il CG sia lo stesso operatore che ha seguito il PG? Ci può essere un conflitto di interesse e il rischio che si abbiano ruoli multipli?

Si ritiene preferibile giovarsi come CG di un operatore che conosca le peculiarità ed i problemi specifici della coppia, avendola già incontrato nella elaborazione del PG. Non sembra sussistere alcun rischio di conflitto di interesse dal momento che il CG, all'interno di quel procedimento giudiziale e per quella coppia, può svolgere soltanto quel ruolo e non altri che pure per le sue competenze e la sua professionalità, sarebbe astrattamente in grado di svolgere.

Quali poteri ha il CG nella elaborazione del Piano Genitoriale e quali nella sua attuazione?

Il CG non ha alcun potere nella fase iniziale, tanto che il compito di accompagnare la coppia nella redazione del PG potrebbe essere affidato anche ad altro soggetto; le scelte le fanno tutte i genitori. C'è, però, la convenienza ad assegnare a lui quel compito, perché in tal modo avrà la possibilità, punto per punto, di segnalare ai genitori i prevedibili scogli, assicurando al contempo la massima personalizzazione, in modo che quando si passerà alla fase operativa sia minimo il rischio di trovarsi scoperti di fronte ad aspetti imprevisti, o di fronte a valutazioni del CG che i genitori non avevano previsto. Ovvero, in questo modo quello che sarà il "gruppo di lavoro" farà conoscenza e si attiverà in anticipo.

Quando si passa alla fase esecutiva del PG, invece, il CG può dirimere le controversie che hanno per oggetto aspetti secondari, assumendo lui le relative decisioni; ma non può modificare i contenuti essenziali (ad es. relativi alla frequentazione e al mantenimento) inseriti nel PG e omologati dal giudice.

Quali sono esattamente gli "aspetti secondari"? Perché il CG gode del potere di modifica soli di quelli e non anche di quelle principali?

Un criterio tra i meno ambigui è quello di considerare secondarie le decisioni che non incidono stabilmente sulla vita dei figli, ma solo occasionalmente. Quanto alle scelte principali, è il codice civile stesso a stabilire che per esse sia obbligatorio l'accordo e ove manchi che ci si debba rivolgere al giudice.

Quali informazioni può/deve comunicare al Tribunale?

Assumendo quale figura di riferimento una sorta di incrocio tra il giudice tutelare ed il mediatore, di fronte alla inadeguatezza di modalità di gestione che riguardino aspetti rilevanti ha necessariamente il diritto-dovere di informarne il giudice della lite, affinché assuma i provvedimenti del caso. Quando, invece, si tratta di decisioni secondarie, ad es. scelte non ben definite nel PG, essendone lui il garante potrà intervenire direttamente, dando di persona le direttive che servono.

A quali documenti può accedere il CG? E nel relazionarsi con gli enti terzi si pone in posizione privilegiata o paritaria? Il rapporto che ha con le parti è diverso da quello con gli altri soggetti istituzionali?

Il CG non solo può accedere all'intero fascicolo di causa e interagire con tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei bisogni del gruppo familiare, ma a ben guardare ha il dovere di farlo, perché la conoscenza dell'intero percorso e di ogni suo aspetto è una garanzia per i genitori e incrementa la loro fiducia nell'operatore; oltre che, ovviamente, rappresentare un indispensabile requisito di partenza per poter effettuare un buon lavoro. Quanto alla qualità del suo rapporto con i vari soggetti, rispetto ai genitori si pone come una guida, in forza per altro di un mandato che essi stessi gli hanno affidato, direttamente o nel momento in cui si sono rivolti alla giustizia; mentre con i vari operatori ha semplicemente un rapporto di collaborazione, essendo tutti impegnati nello sforzo di risolvere i problemi di quel gruppo familiare.

Il CG ha in assoluto un obbligo di segretezza e riservatezza? Se interagisce con terapeuti che sono tenuti al segreto e pertanto non ottiene le informazioni richieste cosa può fare?

Il rispetto della privacy può essere certamente considerato come una esigenza di base, da porre a fondamento di tutto il percorso della CG e dell'attività che l'operatore effettua. Resta il fatto che la natura particolare dell'obiettivo primario di ogni intervento delle istituzioni nell'ambito della famiglia - ovvero la tutela dei minori – permette di superare la riservatezza quando le circostanze lo rendano indispensabile. Quindi, non solo evidentemente il CG è tenuto a segnalare al giudice il verificarsi di reati, ma non può neppure essere tenuto a non rendere noti a un genitore fatti appresi dall'altro, ove necessario. Si può pensare, pensare, per chiarezza, a notizie che riguardino le condizioni di salute di membri della famiglia. Nel caso in cui gli venga opposto da altri soggetti il vincolo del segreto professionale gli resta la possibilità di segnalare la circostanza al giudice il quale assumerà i provvedimenti del caso.

Se il CG appartiene ad un ordine professionale che di per sé lo vincola alla riservatezza e alla segretezza può testimoniare? Quali conseguenze può avere la sua scelta?

Come accennato, di fronte a un reato, o ad una condizione che costituisca una minaccia per i figli, il CG si può considerare sciolto da questi obblighi. Quanto alle notizie che può apprendere fortuitamente e che riguardino aspetti non rilevanti penalmente (ad es., che uno dei genitori coltiva tacitamente una relazione sentimentale), se la sua appartenenza di categoria gli pone dei vincoli è corretto che ne informi preventivamente la coppia; a maggior ragione se l'incarico gli è stato conferito direttamente da essi. Naturalmente, la violazione di accordi presi in questo senso può costargli la perdita dell'incarico, ovvero un procedimento presso il consiglio del suo ordine; pur non essendo perseguibile penalmente.

Come si configura la presenza del CG nel processo? Svolge un ruolo preciso? Ha poteri processuali?

Secondo il Tribunale di Milano (sentenza n. 15709/2016), Il CG non avrebbe poteri processuali autonomi in virtù del suo ruolo di gestione e contenimento del conflitto al fine di evitare il contenzioso davanti ai giudici. Il CG, soltanto nel corso del procedimento, potrebbe avere un potere di "segnalare con urgenza all'autorità giudiziaria minorile ogni condizione di concreto pregiudizio psicofisico (…) che venisse a ravvisare". Secondo questo orientamento, si tratterebbe, dunque, di un incarico di carattere sostanzialmente privato che non attribuirebbe al CG alcuna legittimazione processuale diretta. Legittimazione che, invece, resterebbe in capo a PM in casi gravi.

Il Tribunale di Mantova (sentenza 5 maggio 2017), tuttavia, attribuisce allo stesso il compito di relazionare al Giudice Tutelare sull'andamento dell'intervento, sembrando configurarsi così, un ruolo ausiliario del giudice stesso.

Emerge, quindi, allo stato attuale, una certa nebulosità e mancanza di uniformità nella giurisprudenza in merito al ruolo ed ai poteri (processuali o solamente di diritto privato) da attribuirsi al CG.

Come avvengono l'ingresso e l'uscita del CG rispetto al processo? Può lasciare l'incarico? Può essere destituito dalle parti? Il giudice può sostiuirlo o negare, se richiesta, questa possibilità?

Il provvedimento che dispone o invita alla CG può essere provvisorio o definitivo. Nel caso in cui il CG, per qualunque ragione, non possa assumere o proseguire l'incarico il Tribunale provvederà alla nomina di altro professionista in sostituzione di quello precedente indicato.

Se la richiesta di sostituzione è stata formulata ad istanza di una delle due parti, il Tribunale, ascoltate le argomentazioni di entrambe le parti, valuterà la sussistenza di ragioni formali, quali incompatibilità, conflitto di interessi, ovvero sostanziali, quali la condotta omissiva o negligente nell'esecuzione dell'incarico conferito dal giudice. Si ritiene che solo in tali ipotesi, analogamente a quanto previsto per il CTU, il tribunale possa e debba procedere con la sostituzione. Questo nel caso di nomina da parte del giudice; se è stato nominato dalle parti, queste evidentemente hanno la possibilità di licenziarlo, secondo le modalità previste dal contratto.

* Avvocato (Camera minorile di Firenze) e mediatrice familiare


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