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Data: 23/05/2018 16:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il condomino che diffama il vicino rischia di incorrere nell'ipotesi di reato prevista dall'art. 595 del codice penale. A incastrarlo possono essere anche le riprese della telecamera, posizionata sull'ingresso dell'abitazione della persona offesa, che ritrae luoghi come l'androne condominiale, il portone di ingresso dello stabile, il vano contatori e l'ingresso dell'ascensore. Non c'è violazione della privacy trattandosi di luoghi aperti al pubblico. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 21507/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di una donna, condannata per il delitto di cui all'art. 595 c.p.. L'imputata, comunicando con più persone, aveva offeso la reputazione di un vicino definendolo, tra l'altro, "malandrino" e "abusivo" in quanto, a sua detta, inadempiente nei confronti degli oneri condominiali. Il fatto era stato ripreso dalla telecamera installata sull'ingresso dell'abitazione della persona offesa ed è proprio questo il punto contestato dall'imputata in Cassazione. Secondo la donna, infatti, tali riprese sarebbero dovute essere considerate illegittime ex art. 191 c.p.p. in quanto effettuate in violazione della privacy dei condomini dello stabile, lei inclusa. Non sarebbe possibile, secondo la difesa, considerare il pianerottolo condominiale come luogo aperto al pubblico essendo un piazzale destinato a private abitazioni. Piena utilizzabilità delle videoriprese in luoghi aperti al pubblicoGli Ermellini, soffermandosi sulla qualificazione come luogo aperto al pubblico dell'ambiente inquadrato dalla telecamera installata sulla porta di ingresso dell'abitazione della persona offesa (ossia l'androne condominiale, il portone di ingresso dello stabile, il vano contatori e l'ingresso dell'ascensore), fanno proprie le conclusioni di numerosi arresti della giurisprudenza di legittimità. Questi hanno concordato nell'individuare, per luogo aperto al pubblico, quello al quale chiunque può accedere a determinate condizioni, ovvero quello frequentabile da un'intera categoria di persone o comunque da un numero indeterminato di soggetti che abbiano la possibilità giuridica e pratica di accedervi senza legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto. Pertanto, chiariscono i giudici, le videoriprese effettuate in questi luoghi saranno pienamente utilizzabili, al di fuori e prima dell'instaurazione del procedimento penale, trattandosi non di prove atipiche, bensì di documenti, acquisibili senza la necessità dell'instaurazione del contraddittorio previsto dall'art. 189 del codice di procedura penale. Ancora, in caso di mancata acquisizione delle stesse, si ritiene legittima la testimonianza resa dagli operatori di polizia giudiziaria in ordine al loro contenuto rappresentativo, non potendo, in ogni caso, la violazione della disciplina a tutela della privacy costituire uno sbarramento rispetto alle preminenti esigenze di accertamento del processo penale. Poiché, dunque, nel caso in esame le videoriprese sono state effettuati in luoghi qualificabili come aperti al pubblico nel senso anzidetto, il ricorso dell'imputata dovrà essere rigettato. |
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