Data: 02/06/2018 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione, nella sentenza n. 24451/2018 (sotto allegata) precisa che è vietato utilizzare il risultato delle intercettazioni telefoniche tra cliente e avvocato solo se il colloquio riguarda le funzioni difensive. Questo perché il divieto d'intercettare conversazioni tra cliente e avvocato sancito dall'art 103 c.p.p è previsto per tutelare il diritto di difesa.

La vicenda processuale

I ricorrenti, dopo essere stati condannati in primo e secondo grado per il reato di estorsione, ricorrono in Cassazione perché nei precedenti gradi di giudizio sono stati considerati inutilizzabili i contenuti dell'intercettazione telefonica intercorsa tra uno degli imputati e il precedente difensore.

Secondo l'avvocato però "tale conversazione, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non avrebbe contenuto amicale, ma professionale, non rilevando il fatto che il mandato defensionale non fosse stato conferito e che l'imputato non fosse all'epoca iscritto nel registro degli indagati".

Inutilizzabili le conversazioni professionali tra difensore e cliente

Chiamata a pronunciarsi sul sopraindicato motivo di ricorso, con sentenza n. 24451/2018 la Suprema Corte ribadisce che: "il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata, in quanto la "ratio" della regola posta dall'art. 103 cod. proc. pen., va rinvenuta nella tutela del diritto di difesa.

Con specifico riguardo alla intercettazione di un colloquio tra l'indagato ed un avvocato, legati da uno stretto rapporto di amicizia, per la cui utilizzabilità la Corte ha ritenuto necessario che il giudice del merito dovesse valutare: a) se quanto detto dall'indagato fosse finalizzato ad ottenere consigli difensivi professionali o non costituisse piuttosto una mera confidenza fatta all'amico; b) se quanto detto dall'avvocato avesse natura professionale oppure consolatoria ed amicale a fronte delle confidenze ricevute (Cass. sez. 2, n. 26323 del 29/05/2014).

Nel caso di specie i giudici di merito di entrambi i gradi di giudizio hanno valutato che la conversazione censurata non avesse un contenuto professionale ma amicale (…) La valutazione conforme di merito espressa sul punto dai giudici di entrambi i gradi di giudizio non risulta scalfita dalle doglianze difensive orientate a qualificare il contenuto della conversazione come professionale nonostante la stessa si fosse risolta per stessa ammissione difensiva nella apprensione del problema e nella indicazione di un professionista competente per gestire la situazione processuale (…)".


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