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Data: 04/06/2018 21:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il provvedimento con cui il giudice respinge la richiesta dell'avvocato di liquidazione dei propri compensi per l'attività prestata, dovrà contenere una dettagliata spiegazione circa le ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate nella nota prodotta. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 5224/2018 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di un avvocato che aveva chiesto al Tribunale la liquidazione dei compensi per l'attività prestata a due assistiti in due controversie civili. Il suo ricorso ex art. 28 della L. 794/1942, tuttavia, veniva rigettato dal giudice a quo secondo cui la liquidazione disposta nei giudizi di merito era stata eseguita in base allo scaglione di valore della causa e scaturiva da una compensazione parziale. Da qui il ricorso in Cassazione con cui l'avvocato deduce l'error iuris nel quale è incorso il giudice di mero nel disporre la liquidazione dei compensi professionali in misura inferiore agli onorari minimi e ai diritti predeterminati e fissi. Lamenta che nonostante l'analitica esposizione delle voci nella proposta di parcella, in corrispondenza allo scaglione di valore risultante dal decisum, il giudice non aveva indicato i criteri di liquidazione adottati e le ragioni della riduzione, nonché i motivi della eventuale esclusione delle voci. Avvocati: va motivata la liquidazione di compensi inferiori ai minimiNell'accogliere il ricorso, gli Ermellini rilevano come le voci di diritti e onorari applicate nella parcella prodotta innanzi al Tribunale, inerenti a singole e specifiche attività che gli intimati non hanno mai contestato, corrispondono al valore del decisum emergente dalla sentenza che ha definito il giudizio. Ne deriva l'erroneità dell'ordinanza nella parte in cui ha ritenuto che la liquidazione fosse stata "eseguita sulla scorta del corretto scaglione di valore", liquidando i diritti e gli onorari in misura inferiore rispetto ai minimi previsti dalle tabelle A e B di riferimento allegate al d.m. 127/2004. Infatti, il Tribunale aveva aderito alle sole deduzioni dei clienti circa la congruità della liquidazione disposta all'esito dei giudizi nei quali il ricorrente aveva svolto la sua attività professionale, senza fornire alcuna spiegazione delle ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate nella nota prodotta. In tal modo, il giudice si è discostato dal consolidato principio (cfr. Cass. n. 3961/2016), secondo cui il giudice, nel ridurre l'ammontare dei diritti e degli onorari richiesti dalla parte in modo specifico e dettagliato, ha l'obbligo di indicare il criterio di liquidazione adottato e le ragioni della riduzione, onde consentire all'interessato di individuare e denunziare in modo specifico le eventuali violazioni della legge o della tariffa. Va soggiunto che l'ordinanza de qua ha espressamente tenuto conto della parziale compensazione delle spese operata in sentenza, ma tale aspetto investe il rapporto processuale fra le parti e non quello sostanziale fra le stesse ed i rispettivi difensori, essendo il cliente tenuto al pagamento degli onorari nei confronti dell'avvocato indipendentemente dalla statuizione del giudice sulle spese giudiziali. La liquidazione degli onorari che l'avvocato pretende dal proprio cliente, dunque, è indipendente e svincolata dalla statuizione che condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di causa. Ne consegue che il regolamento delle spese compiuto nel giudizio contenzioso patrocinato dall'avvocato, essendo regolato da criteri legali diversi, non può vincolare la successiva liquidazione del corrispettivo in sede di procedura promossa dall'avvocato nei confronti del cliente per la determinazione del corrispettivo medesimo. Pertanto, il ricorso dell'avvocato merita accoglimento con rinvio al giudice competente. |
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