Data: 06/06/2018 18:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - L'amministratore giudiziario, dopo la Riforma del Codice Antimafia, ha assunto, accanto al ruolo pubblico e statico di controllo, quello dinamico di gestione per mantenere l'azienda in funzione. Ne consegue che, come sancito dalla sentenza n. 24663/2018 (sotto allegata), se viene revocata una misura di sicurezza patrimoniale, il compenso dell'organo amministrativo societario, anche se di esso hanno fatto parte l'amministratore giudiziario e il suo coadiutore, grava sulla società e non è rimborsabile dopo il dissequestro, perché considerata spesa di gestione.

La vicenda processuale

"All'esito del procedimento facente seguito alla trasmissione degli atti ex art. 666 cod. proc. pen., disposto dalla corte di cassazione con sentenza n. 50279 del 25 novembre 2015, (…) il Tribunale ha rigettato l'istanza (con cui l'odierno ricorrente chiedeva il rimborso delle somme corrisposte dalla S.r.l. di cui era titolare in qualità di socio unico al consiglio di amministrazione durante il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali) distinguendo la natura degli oneri suscettibili di rimborso e limitandoli alle spese di custodia,non comprensive dei costi di gestione della società, rilevando che l'opponente non aveva, in sede di approvazione del rendiconto, formulato rilievi, limitandosi a richiedere il rimborso delle spese pagate dalla società a titolo di compenso per l'amministrazione e di remunerazione al Consiglio di amministrazione, e ritenendo che le ragioni dell'opponente possano trovare tutela nell'azione di responsabilità sociale."

Il motivo centrale del ricorso in Cassazione

Con il secondo motivo, il ricorrente "denuncia la violazione dell'art. 606 co. 1 lett. b) ed e) del codice di rito, in relazione agli artt. 2 sexies, septies e nonies L. 575/1965."

Secondo i ricorrenti difensori "il Tribunale di Palermo ha erroneamente, qualificato come "spese necessarie" quelle in disamina, senza considerare che l'art. 2 sexíes è chiaro nell'attribuire all'amministratore giudiziario nominato, nei limiti degli atti di ordinaria amministrazione, lo svolgimento delle attività risultanti dalla relazione approvata dal giudice delegato. L'investitura dell'amministratore giudiziario e del coadiutore quali componenti di un consiglio di amministrazione privo di poteri è quindi inutile, visto che negli ultimi 6 anni il C.d.A non ha adottato alcuna delibera. Per questo è necessario considerare le spese in contestazione "come rientranti in quelle per cui l' art. 2 octies L. 575/65 prevede la restituzione, cioè in quelle dei compensi degli amministratori giudiziari".

Cassazione: il ruolo dell'amministratore giudiziario

La Corte, alla luce delle modifiche introdotte dalla legge n. 205/2017 al Codice Antimafia, rigetta il ricorso, perché infondato.

Secondo la Corte il sistema della esecuzione delle misure patrimoniali "si incentra sulla figura dell'amministrazione giudiziaria, ufficio di diritto pubblico, che si sostanzia in poteri di rappresentanza ed amministrazione ordinaria del bene e che fonda sulla necessaria sostituzione nelle prerogative del proprietario, escluso per effetto della misura ablatoria dall'esercizio delle corrispondenti facoltà. Siffatti poteri incontrano un limite naturale conformato alla natura del bene sottoposto a vincolo giudiziale, di guisa che - ove l'oggetto del sequestro sia costituito dai beni aziendali e dal capitale sociale di una persona giuridica - l'amministrazione giudiziale si affianca e non si sostituisce all'organo amministrativo, previsto dalla legge o dallo statuto, per preservare la funzionalità della persona giuridica.

Di guisa che alla custodia statica riconosciuta all'amministratore giudiziario, in funzione di controllo e garanzia di legalità, viene a giustapporsi la gestione dinamica dell'impresa al fine della sua conservazione nel mercato (...). Il mantenimento della produttività aziendale e la conservazione della forza lavoro impiegata costituiscono, difatti, le linee direttrici lungo le quali si è mosso anche il percorso riformatore delle misure di prevenzione patrimoniali, approdato alle modifiche apportate (con I. 27 dicembre 2017, n. 205, con il d.l. 16 ottobre 2017, convertito con modificazioni con legge 4 dicembre n. 172 e con legge 17 ottobre 2017, n. 161) al codice antimafia che intende coniugare la legalità dell'impresa mafiosa, la sua conservazione nel mercato ed il mantenimento dei livelli occupazionali, in una visione macroeconomica di sistema che privilegia l'iniziativa economica e l'utile sociale."

Il principio di diritto sancito dalla Cassazione

"In caso di revoca di misura di sicurezza patrimoniale di una società, le spese di gestione - compreso il compenso percepito dall'organo amministrativo societario gravano sulla società e non sono suscettibili di rimborso dopo il dissequestro."


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