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Data: 09/06/2018 11:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Il medico "abbandonato" in sala operatoria che, non vedendo sopraggiungere il secondo chirurgo, decide di interrompere l'intervento chirurgico non può essere chiamato, per ciò solo, a rispondere penalmente del reato di omissione di atti d'ufficio. Lo ha sancito la Corte di cassazione con la sentenza numero 24952/2018 (qui sotto allegata), assolvendo un medico imputato del reato di cui all'articolo 328 del codice penale proprio per aver posto in essere un simile comportamento. Sicurezza del pazienteIl rifiuto di un comportamento dovuto in ragione del proprio ufficio, infatti, per assumere rilevanza penale deve essere immotivato mentre, nel caso di specie, la scelta del medico di non proseguire con l'operazione era connessa con l'esigenza della paziente "primaria e assolutamente cogente di essere operata in condizioni di sicurezza". La donna sottoposta a intervento, infatti, era a rischio per obesità, circostanza che rendeva ancor più indispensabile la presenza dell'altro medico durante l'intervento. Indifferibilità dell'atto rifiutatoAffinché si configuri il reato contestato al sanitario, poi, è indispensabile che l'atto rifiutato sia indifferibile, circostanza sulla quale la sentenza impugnata dinanzi alla Cassazione aveva omesso qualsivoglia considerazione. In assenza di alcuna giustificazione sul punto, quindi, i giudici di legittimità hanno disposto l'annullamento senza rinvio della sentenza con la quale il medico era stato condannato per omissione di atti di ufficio, assolvendo il sanitario perché il fatto non sussiste. |
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