Data: 28/06/2018 14:30:00 - Autore: Giovanni Chiarini

di Giovanni Chiarini - Come noto, e come già più volte riportato su questo quotidiano giuridico[1], l'aggravante di cui all'art. 625 comma 1 n. 4) del codice penale prevede, così come le altre circostanze aggravanti speciali codicistiche in tema di furto, anche un consistente aumento di pena.

Furto semplice e furto aggravato, le differenze

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L'ipotesi di furto semplice di cui all'art. 624 c.p., infatti, è punita con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni, oltre alla pena pecuniaria della multa da euro 154 a 516, ed il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Nelle ipotesi di furto aggravato, invece (come quello commesso con destrezza), la pena è quella della reclusione da 2 a 6 anni nonché della multa da 927 a 1500 euro.

Inoltre, il delitto è procedibile d'ufficio e, a differenza delle ipotesi di furto semplice, non può applicarsi l'articolo 131 bis del codice penale che prevede l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto la predetta norma prevede espressamente che ai fini della determinazione della pena detentiva non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale, e l'aggravante della destrezza rientra, appunto, tra queste ultime, che fanno innalzare la pena nel limite edittale superiore ai 5 anni previsti dall'art. 131 bis c.p., escludendone l'applicabilità.

Furto aggravato: le osservazioni della dottrina

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Peraltro, proprio per tale consistente aumento di pena, è stato osservato da autorevolissima dottrina[2], che ci si trova di fronte ad una "intricata e pletorica maglia di aggravanti, spesso concorrenti, tutte oggettive, avvolge - secondo una risalente tradizione - il furto, si da renderne pressoché impossibile, anche per le amplissime interpretazioni giurisprudenziali, la realizzazione nella forma semplice, e da portare a massimi edittali di pena esorbitanti, superiori a quelli previsti per le lesioni dolose gravi o addirittura per l'omicidio colposo".

Tuttavia, la ratio della predetta aggravante è da individuarsi nella minorata difesa delle cose di fronte all'abilita fisica del reo agente[3], e affinché possa configurarsi si richiede che egli agisca con speciale abilità (agilità, sveltezza, rapidità di gesti), e che tale abilità sia superiore alla norma, un quid pluris rispetto al ladro ordinario e comune, e perciò idonea ad eludere in modo particolare la normale vigilanza dell'uomo[4].

Quanto appena riporta tuttavia risulta solo una sintesi dottrinale, seppur autorevole, che la giurisprudenza di legittimità ha certamente innovato e integrato nel corso degli ultimi anni, caratterizzati da un'ampia applicazione della predetta aggravante, che le Sezioni Unite hanno recentemente contribuito a ridefinire, con particolare riferimento a tutte quelle ipotesi in cui sia configurabile la destrezza per il mero profittare, da parte del soggetto agente, di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa.

L'aggravante della destrezza: il contrasto giurisprudenziale

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Con la sentenza n. 34090/2017 le Sezioni Unite hanno aderito a quanto già pronunciato da numerose pronunce di legittimità (cfr. Cass. n. 46977/2015; n. 9374/2015, n. 12473/2014) ovvero a quell'orientamento giurisprudenziale il quale riteneva insussistente l'aggravante della destrezza nell'ipotesi di furto commesso dall'agente approfittando della situazione di assenza di vigilanza sulla res da parte del possessore, necessitando invece di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa[5].

Il contrasto verteva principalmente sulla questione della distrazione della persona offesa, tanto che sul punto, oltre alla formazione del già citato orientamento, se ne era formato un altro, il quale riteneva, al contrario, di poter configurare la presenza dell'aggravante anche nei casi di mero approfittare della situazione di temporanea distrazione della persona offesa, come statuito da altrettanta copiosa giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 26749/2016; n. 20954/2015, n. 18682/2015); secondo questo orientamento la destrezza sussiste anche quando l'agente approfitta di una condizione contingentemente favorevole, o di una frazione di tempo in cui la p.o. ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, in quanto impegnato, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro.[6]

L'intervento delle Sezioni Unite

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Tuttavia, come già sopracitato, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 34090/2017, in un caso di furto all'interno di un esercizio commerciale (nel quale veniva asportato dal soggetto agente un computer portatile, prelevato dal bancone in un momento di distrazione della titolare e dei clienti presenti), aderiva all'orientamento più recente (cfr. Cass. n. 46977/2015; n. 9374/2015; n. 12473/2014) e annullava senza rinvio la sentenza di condanna[7], formulando il seguente principio di diritto: "la circostanza aggravante della destrezza di cui all'art. 625, primo comma, n. 4 c.p., richiede un comportamento dell'agente, posto in essere prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell'ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore della cosa".

[1] Leggi in merito: "Il furto con destrezza" di Valeria Zeppilli; "Furto: quando c'è l'aggravante della destrezza" di Francesca Servadei; per una lettura più generale, vedi "Il furto: guida legale".

[2] F. MANTOVANI, "Diritto penale, parte speciale II, dei delitti contro il patrimonio", CEDAM, VI edizione, 2016, pag. 75.

[3] Ancora, F. MANTOVANI, op. cit., pag. 79.

[4] Come osservato da C. PECORELLA, "Il furto", 1962, Milano, pag. 192, citato in F. MANTOVANI, op. cit., pag. 79-80.

[5] Si veda l'interessante approfondimento contenuto in Rivista Penale, n. 10/2017, ottobre, rubrica "Contrasti", pag. 828-833.

[6] Vds. ancora Rivista Penale n. 10/2017, pag. 828-833.

[7] cfr. Tribunale di Torino, sent. 14 aprile 2016 nonché Corte d'Appello di Torino, sent. 17 maggio 2016. La sentenza veniva annullata senza rinvio perché l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto della condizione di procedibilità, trattandosi dell'unica circostanza aggravante ascritta all'imputato e non essendo stata proposta querela dalla p.o.


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