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Data: 30/06/2018 16:30:00 - Autore: Enrico Pattumelli di Enrico Pattumelli - Per gli interventi di ristrutturazione, con cui si realizzino luci o vedute, la disciplina speciale della cosa comune ex art. 1102 c.c. prevale su quella delle distanze. E' quanto ha confermato la Cassazione con la recente ordinanza n. 17002/2018 (sotto allegata). La vicendaUn soggetto conveniva in giudizio due proprietari di un immobile confinante con la propria abitazione. Nello specifico, l'attore chiedeva la demolizione o l'adeguamento ai parametri di legge per le opere realizzate dai convenuti in sopraelevazione e aprendo luci, vedute e balconi, senza essersi attenuti alle prescrizioni legali, anche in tema di distanze. Per un corretto inquadramento della vicenda, è opportuno evidenziare che le proprietà delle rispettive parti processuali erano attigue e affacciavano su di una corte comune. I convenuti si costituivano in giudizio e chiedevano il rigetto delle domande attoree dal momento che l'intervento fosse da ritenersi legittimo poiché qualificabile come opera di ristrutturazione. Le decisioni dei giudici di meritoIl Tribunale condannava i convenuti all'eliminazione delle vedute dirette e dei balconi e disponeva la regolarizzazione delle luci aperte sulla corte comune a fronte di quanto previsto dagli artt. 901 e 902 c.c.. La Corte d'Appello confermava la sentenza di primo grado, rigettando gli appelli formulati dalle parti. Per completezza espositiva, l'attore aveva impugnato la sentenza del giudice di prime cure per il mancato accoglimento della domanda di demolizione o di arretramento della nuova costruzione in sopraelevazione e per il mancato pronunciamento sulla richiesta di risarcimento del danno; il convenuto aveva, invece, presentato appello incidentale per accertare la conformità delle opere realizzate alle prescrizioni legali. I motivi di ricorso nel giudizio di legittimitàEntrambe le parti adiscono la Corte di Cassazione: gli originari convenuti presentano ricorso principale mentre, l'originario attore, si costituisce in giudizio promuovendo ricorso incidentale. I ricorrenti sostengono che i giudici di merito non abbiano correttamente applicato quanto disposto dagli artt. 1102, 905 e 906 c.c.. L'apertura di una finestra o la realizzazione di un balcone su di un immobile di proprietà esclusiva verso un'area di proprietà comune e indivisa fra le parti, costituirebbe un normale esercizio del diritto di proprietà. Siffatte opere sarebbero da ritenersi legittime dal momento che si affacciano su di una corte comune e pro indivisa senza con ciò originare alcun tipo di servitù o alterare la destinazione d'uso. Il resistente propone ricorso incidentale sostenendo che gli interventi realizzati hanno comportato un aumento di volumetria e, per tale ragione, non sono da considerarsi quali opere di ristrutturazione ma vere e proprie nuove costruzioni. Nella prospettazione di parte resistente, un tale inquadramento comporterebbe la necessità di rispettare le prescrizioni legali e regolamentari in tema di distanze. La decisione della Corte di CassazioneI giudici di legittimità con l'ordinanza in commento, accolgono i motivi di ricorso prospettati da entrambe le parti processuali. Si richiama il prevalente e più recente orientamento giurisprudenziale secondo il quale, qualora le vedute accedano una parte comune, la disciplina generale delle distanze possa applicarsi solo quando risulti compatibile con la disciplina speciale relativa alle cose comuni (ex multis Cass. 30528/2017; 13874/2010; 20200/2005). In altri termini, in caso di contrasto tra disciplina generale sulle distanze e disciplina speciale sulle cose comuni, deve prevalere la seconda e, nello specifico, deve riconoscersi quanto previsto dall'art. 1102 c.c.. La norma da ultimo richiamata prevede che ciascun comunista possa servirsi della cosa comune a condizione che non ne alteri la destinazione e permetta agli altri comunisti di farne parimenti uso. I giudici di legittimità considerano così superato il risalente orientamento per cui la qualità comune del bene non esclude il rispetto delle prescrizioni in tema di distanze (in questi termini Cass. 12989/2008). Un cortile non condominiale è da considerarsi al pari di un cortile condominiale: si tratta anch'esso di un bene comune con la principale finalità di dare luce e aria agli immobili che vi affacciano. L'apertura di luci e vedute o la realizzazione di balconi sono usufruibili da tutti i comunisti con la necessità di rispettare quanto previsto dal solo art. 1102 c.c.. Le prescrizioni di cui agli artt. 901-907 c.c. sono volte a tutelare la riservatezza e la sicurezza dei fondi confinati. Siffatta garanzia non collide con l'apertura di luci o di vedute dal momento che una tale modalità di utilizzo non comporta, di norma, alcun pregiudizio in capo agli altri soggetti interessati ne preclude a questi ultimi il godimento del medesimo bene comune. Secondo il Supremo Consesso la Corte d'appello ha errato nel ritenere derogabile la normativa sulla vedute nei soli casi in cui i fabbricati siano condominiali o solo se esista una servitù di veduta. Considerando adesso il ricorso incidentale, anch'esso viene considerato fondato e meritevole di accoglimento. Si coglie l'occasione per chiarire quali siano e in cosa consistano gli interventi su di un immobile. Un intervento si definisce "di ristrutturazione" se ciò comporta delle sole modificazioni interne, senza alterare le componenti essenziali dell'edificio come, ad esempio, i muri perimetrali, le strutture orizzontali e le coperture. Diversamente, si definisce "ricostruzione" l'intervento volto a ripristinare l'edificio venuto meno per evento naturale o per volontaria demolizione, attenendosi alle dimensioni originarie e senza apportare alcuna variazione. Non versando in nessuna delle ipotesi precedenti, l'intervento è da qualificare quale " nuova costruzione". Ciò si verifica in primo luogo quando l'opera realizzata abbia comportato un aumento di volumetria. Qualificare un intervento come di nuova costruzione implica che debba essere rispettata la disciplina legale in tema di distanze vigente al momento in cui l'opera viene posta in essere. E' proprio in tale ultima categoria che la Cassazione annovera gli interventi realizzati dai ricorrenti, essendovi stato un ampliamento della volumetria e un innalzamento dell'altezza del fabbricato. Siffatte opere devono quindi essere conformi alle prescrizioni normative e regolamentari previste in tema di distanze L'accoglimento dei ricorsi ha comportato così la cassazione della sentenza, con contestuale rinvio ad altra sezione della Corte d'appello per la decisione nel merito e sulle spese processuali. |
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