Data: 29/06/2018 14:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 16965/2018 della Cassazione (sotto allegata) precisa che non costituisce causa legittima di licenziamento la condotta del lavoratore che fuma la sigaretta elettronica nei locali della mensa. Per contestare l'illegittima sospensione dell'attività lavorativa è necessario che l'assenza si protragga "per un periodo apprezzabile di tempo". Fumare una sigaretta durante l'orario di lavoro, infine non è incompatibile con il contestuale svolgimento totale o parziale della prestazione lavorativa.

La vicenda processuale

La Corte d'appello di Napoli, in sede di reclamo, conferma la sentenza del Tribunale, che accoglie la domanda di un lavoratore licenziato illegittimamente dalla società datrice per ragioni disciplinari, rilevando il difetto di proporzionalità tra il fatto contestato "per aver fatto uso della sigaretta elettronica nel locale mensa (...), durante il turno di lavoro, con la recidiva specifica in relazione ai fatti contestati". La società datrice ricorre in Cassazione e il lavoratore presenta controricorso.

I motivi di ricorso della società datrice

La società censura la sentenza nella parte in cui non ritiene integrata la fattispecie di licenziamento per giusta causa prevista dal CCN nelle ipotesi di "recidiva reiterata nelle mancanze" da esso previste, punite con la sanzione conservativa e consistenti, "per quanto rilevante in causa, anche, nella sospensione reiterata dal lavoro senza giustificato motivo".

La Corte d'appello erra nell'affermare che al lavoratore "non era stata contestata la sospensione dell'attività lavorativa ma l'uso della sigaretta elettronica e che anche i precedenti suddetti fatti si riferivano all'uso del cellulare", così come sbaglia nel ritenere che tutti i fatti commessi dal lavoratore costituiscano ipotesi d'illegittima sospensione, ritenendo necessario, per considerali tali, il protrarsi dell'assenza "per un periodo apprezzabile di tempo". Se proprio non voleva valutare i precedenti disciplinari in termini di recidiva specifica, poteva farlo in termini di recidiva generica, visto che le condotte illecite si erano ripetute per 4 mesi.

Oltre a ciò il giudice del reclamo non ha riconosciuto il giusto rilievo disciplinare alla condotta del dipendente, visto che "l'azienda aveva affisso in bacheca il divieto di fumo della sigaretta elettronica soltanto alcuni giorni prima dei fatti contestati". L'azienda fa presente che il divieto di fumo della mensa costituisce "una elementare regola di tutela della salubrità ed igiene degli ambienti di lavoro."

La ricorrente smentisce altresì di non avere avuto, prima del licenziamento, alcuna reazione. Dalle testimonianze rese in giudizio è emerso infatti che, tramite suoi delegati, ha richiamato verbalmente il lavoratore più volte mentre fumava la sigaretta elettronica nei locali della mensa. Il contratto collettivo infine, se da una parte prevede sanzioni conservative per la violazione del cartello contenete l'espresso divieto di fumo, dall'altra non esclude, secondo quanto invece affermato dalla Corte, il legittimo licenziamento se la condotta è particolarmente grave.

Non si può licenziare chi fuma la sigaretta elettronica in mensa

La Corte di cassazione, rigettando il ricorso, ritiene che il giudice del reclamo abbia correttamente "evidenziato la differenza tra la condotta di sospensione senza giustificato motivo del lavoro e le mancanze, consistenti nell'uso del cellulare e nel fumo della sigaretta elettronica." Secondo la Cassazione "la condotta di sospensione dall'attività lavorativa, prevista come infrazione passibile di licenziamento disciplinare – se reiterata – dall'art. 192 CCNL Pubblici Esercizi, consiste in una situazione transitoria di totale assenza della prestazione lavorativa; tale situazione non era stata contestata né era implicita nella contestazione giacché il fumo (nella specie della sigaretta elettronica) durante l'orario di lavoro, non è in sé incompatibile con il contestuale svolgimento della prestazione, in tutto o parzialmente." Lo conferma il fatto che il CCNL distingue "come ipotesi passibile di sanzione conservativa" la contravvenzione al divieto di fumare previsto da apposito cartello, dal fumare nei locali destinati alla clientela. Del pari non sono qualificabili come sospensione dall'attività lavorativa i precedenti disciplinari relativi all'uso del cellulare.


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