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Data: 14/07/2018 16:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Scatta il reato di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni se l'ex amante, allo scopo di ottenere da lui del soldi, minaccia il marito fedifrago di rivelare alla moglie e ai figli della relazione extraconiugale tra loro intercorsa. Irrilevante, inoltre, è anche il fatto che l'amante avesse richiesto i soldi come "riparazione pecuniaria" per gli aborti praticati per salvaguardare il matrimonio della persona offesa, in quanto al massimo si tratterebbe dell'adempimento di un'obbligazione naturale non azionabile in giudizio. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 31732/2018 (qui sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso una donna condannata per aver minacciato, se non avesse ottenuto dei soldi, di rivelare alla moglie e ai figli dell'ex amante la relazione extraconiugale che l'uomo aveva avuto con lei. Innanzi agli Ermellini, il difensore dell'imputata eccepisce il vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione del delitto, vista l'insussistenza dell'ingiustizia del profitto, in quello previsto dall'art. 393 c.p. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone) anziché in quello di tentata estorsione. Estorsione minacciare l'amante di rivelare la relazionePer i giudici di legittimità, tuttavia, tale conclusione non è condivisibile: integra infatti il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, l'azione violenta o minacciosa che, indipendentemente dall'intensità e dalla gravità della violenza o della minaccia, abbia di mira l'attuazione di una pretesa non tutelabile davanti all'autorità giudiziaria. Presupposto perché si possa parlare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, spiega la Corte, è quindi l'esistenza di una legittima pretesa creditoria in capo al soggetto agente e la giurisprudenza ha più volte affermato come integri gli estremi del delitto di estorsione la minaccia o violenza finalizzata ad ottenere l'adempimento di un'obbligazione naturale (cfr. Cass. n. 7972/2013). Per la Cassazione va condiviso il rilievo della Corte territoriale che ha ritenuto "avulsa dalla realtà" l'affermazione dell'imputata di avere diritto a una riparazione pecuniaria per i precedenti aborti che, secondo la difesa della donna, erano stati effettuati per salvaguardare il matrimonio della persona offesa e su pressione di quest'ultima. Ai giudici, infatti, non risulta che la richiesta di abortire provenisse dall'uomo e, quand'anche così fosse, tale richiesta sarebbe ricollegabile a una obbligazione naturale ai sensi dell'art. 2034 c.c. in quanto il marito fedifrago avrebbe corrisposto la somma per adempiere a un proprio dovere morale, e quindi la pretesa creditoria non sarebbe azionabile in giudizio. Infine, quanto all'eccepita insussistenza della minaccia, la Cassazione ribadisce che, in tema di estorsione, la minaccia diviene contra ius quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato, si faccia uso di mezzi giuridici legittimi per ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti (cfr. Cass. n. 7662/2015). Infatti, anche una minaccia dall'esteriore apparenza di legalità, formulata non con l'intenzione di esercitare un diritto, ma per coartare l'altrui volontà al fine di conseguire risultati non conformi a giustizia, può costituire illegittima intimidazione idonea ad integrare il delitto di cui all'art. 629 del codice penale ove risulti l'ingiustizia o l'iniquità del vantaggio economico perseguito. |
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