Data: 16/09/2018 15:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Va condannato per diffamazione chi pubblica frasi offensive nei confronti della ex compagna e madre di sua figlia su una bacheca Facebook. Non vi è dubbio che tale mezzo, utilizzato per la diffusione delle frasi diffamatorie, sia idoneo a veicolarlo "condividendolo" nei riguardi di più persone.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 40083/2018 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un uomo che il Tribunale aveva ritenuto colpevole di diffamazione, compiuta tramite Facebook, nei confronti della sua ex convivente e madre di sua figlia.

Tra l'altro, l'uomo deduce che mentre gli era stata contestata la diffamazione tramite comunicazione con più persone sul social, nella motivazione della sentenza e nella condanna i riferimenti erano alla pubblicazione delle frasi diffamatorie su una sola bacheca Facebook. Condotte che, secondo la difesa, non sarebbero state coincidenti.

Gli Ermellini, in realtà, rilevano come la condotta del ricorrente si inserisca in un contesto più complesso di atti di minaccia, molestie e maltrattamenti nei confronti della persona offesa, sua ex convivente, che hanno portato alla sua condanna, in altro procedimento penale, per il reato di cui all'art. 572 c.p. (Maltrattamenti contro familiari e conviventi).

La sentenza impugnata, spiega la Cassazione, ha dato atto della provata riferibilità al ricorrente della condotta diffamatoria con motivazione logica ed esauriente, richiamando precedenti giurisprudenziali che confermano la configurabilità della diffamazione in caso di diffusione di un messaggio tramite bacheca Facebook.

Da respingere anche la doglianza difensiva secondo cui non vi sarebbe stata coincidenza tra la condotta descritta nel capo di imputazione di "comunicazione con più persone su Facebook" e quella di "pubblicazione mediante l'inserimento in una bacheca Facebook".

Cassazione: diffamazione offendere la ex tramite la bacheca Facebook

Nel caso di specie, chiarisce la Cassazione, non si rileva alcuna reale discrasia tra le due condotte: l'imputazione si riferisce a una comunicazione (dei contenuti diffamatori contestati) con più persone, sul social network denominato Facebook, che non esclude affatto l'utilizzo di una "bacheca" per tale diffusione, ovvero di un "luogo virtuale", collegato al profilo social dell'utente, all'interno del quale è possibile inserire post, immagini, filmati, link che vengono visualizzati da tutti coloro che hanno accesso a detto profilo.

Anzi, nella indicazione lessicale utilizzata dalla contestazione, certamente dalla valenza generalizzante, deve ricomprendersi senza dubbio qualsiasi condotta di diffusione di contenuti diffamatori tramite Facebook, sia con bacheca che con altra modalità, la quale costituisce una forma di comunicazione con più persone utilizzando tale social network e, quindi, corrisponde perfettamente alla contestazione.

Inoltre, nel caso di specie, il ricorrente aveva avuto modo di conoscere nel corso del processo le caratteristiche specifiche della condotta diffamatoria che gli veniva contestata, dunque non si è verificata alcuna violazione o pregiudizio dei diritti di difesa dell'imputato.

La costante giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha affermato, proprio con riferimento ai messaggi e ai contenuti diffusi tramite Facebook, che la diffusione di un messaggio offensivo tramite una bacheca "Facebook" integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma terzo, c.p., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.

Più in generale, è stato poi affermato che il requisito della comunicazione con più persone deve presumersi qualora l'espressione offensiva sia inserita in un supporto per sua natura destinato ad essere normalmente visionato da più persone. Non vi è dubbio che la funzione principale della pubblicazione di un messaggio in una bacheca o anche in un profilo Facebook sia proprio la "condivisione" di esso con gruppi più o meno ampi di persone, le quali hanno accesso a detto profilo, che altrimenti non avrebbe ragione di definirsi social.


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