|
Data: 16/09/2018 12:30:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - La controversa e criticatissima proposta di riforma europea del copyright è stata approvata dall'Europarlamento qualche giorno fa. Leggi Riforma Copyright: ok dell'Europa Dopo il testo criticatissimo di luglio molti avevano segnalato la necessità di emendare alcune parti della Direttiva che, a causa della loro lacunosità e ambiguità, rischiavano di aprire la strada a interpretazioni distorte ed errate. Cosa emerge dal testo della direttiva? Guerra aperta ai colossi del web come Google, Facebook e YouTube, che d'ora in poi devono controllare e rispettare tutti i contenuti online e remunerare editori, giornalisti, interpreti, sceneggiatori e musicisti. Dalle regole del copyright previste dalla direttiva sono escluse le micro e le piccole imprese del web, chi carica contenuti per finalità non commerciali (Wikipedia) o per condividere software open come GitHub e ancora i meme contenenti parodie. Gli artt. 11 e 13 quelli più criticati, che in effetti rappresentano il cuore della disciplina europea sul copyright, salutata con entusiasmo dai grandi gruppi editoriali in crisi, meno da quelli più piccoli. Nulla di definitivo comunque. Il contenuto della direttiva infatti deve essere stabilito di comune accordo da Parlamento, Commissione e Consiglio. Per non parlare del fatto che qualche Stato potrebbe negare il voto e rimettere tutto in discussione. Insomma non è detta l'ultima parola! Indice:
Direttiva Europea copyright: gli emendamenti approvati[Torna su]
Il testo della direttiva nella prima parte mette a confronto il testo precedente con quello emendato, motivando le ragioni delle modifiche apportate e fornendo precise indicazioni a cui gli Stati dovrebbero attenersi nell'adeguarsi alla stessa. Numerosi e complessi i temi affrontati in questa prima parte, tra i quali:
Copyright: l'art 11 sulla protezione delle opere[Torna su]
Dopo aver trattato ed elencato i principali argomenti trattati dagli emendamenti, è il caso di passare all'esame degli articoli più significativi, che hanno accesso maggiormente gli animi. Uno degli articoli chiave della direttiva è l'art. 11. Esso prevede che gli Stati debbano riconoscere agli editori di giornali i diritti previsti dall'art. 2 e 3, paragrafo 2 della direttiva 2001/29/CE affinché "gli editori possano ottenere una remunerazione equa e proporzionata per l'utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione." Non solo, gli Stati membri devono provvedere affinché anche agli autori venga riconosciuta una "quota adeguata dei proventi supplementari percepiti dagli editori per l'utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione." Questo articolo si pone l'obiettivo di porre fine alle controversie che da anni vedono contrapporsi gli editori, che si sentono vittime dello sfruttamento gratuito dei loro contenuti (pagine Google e Newsfeed Facebook) e i colossi del web, che invece sostengono di portare traffico ai loro siti, fornendo già un servizio fondamentale. Le ragioni, se si analizza il problema con attenzione, sono valide entrambe. Così come formulato però l'art. 11 rischia di penalizzare i piccoli gruppi editoriali. Dal copyright esclusi i linkIl comma 2 bis dell'articolo 11 precisa però che :"I diritti di cui al paragrafo 1 non si estendono ai semplici collegamenti ipertestuali accompagnati da singole parole." Nessun compenso quindi per l'utilizzo privato dei link, per finalità non commerciali (es: Wikipedia). Insomma questa direttiva, la cui approvazione è stata spinta dai gruppi editoriali più in difficoltà, è stata accolta come la soluzione per risolvere i problemi economici di molti. Copyright: l'art 13 sul controllo dei contenuti[Torna su]
Altra nota dolente della Direttiva è l'art. 13, considerato lesivo della libera circolazione dei contenuti. In pratica si prevede che le piattaforme online siano tenute a controllare quanto caricato dagli utenti, affinché sia maggiormente tutelato il diritto d'autore. Si vorrebbe in sostanza che i fornitori di servizi online si accordino con case editrici, discografiche e cinematografiche al fine di munirsi di una licenza che gli consenta di ospitare contenuti protetti dal diritto d'autore. Un sistema simile al "Content ID" utilizzato da YouTube e per il quale sono stati spesi milioni di dollari, che blocca caricamento e diffusione di contenuti protetti. I perché delle criticheLa critica si incentra proprio sul fatto che non si possono obbligare i fornitori di servizi online a sostenere costi così elevati per dotarsi di queste tecnologie, che rischiano, cosa ancora più grave, di censurare a monte i contenuti, tutto a danno dell'utente, che potrà usufruire solo d'informazioni filtrate, anche se non ne avrà completa percezione. Non solo, se la direttiva dovesse andare in porto così come è l'utente, per accedere a certi contenuti, potrebbe essere costretto a pagare. Leggi anche Royalty free |
|