|
Data: 13/09/2022 07:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Ritrovamento tesoro: cosa dice il codice civile[Torna su]
Il termine tesoro viene utilizzato in diversi articoli del codice civile. Il 988 c.c. ad esempio stabilisce che "Il diritto dell'usufruttuario non si estende al tesoro che si scopra durante l'usufrutto, salve le ragioni che gli possono competere come ritrovatore." Il 932 c.c., invece definisce tesoro "qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare di essere proprietario" e al comma 2 dispone che "Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se il tesoro è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per solo effetto del caso, spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore. La stessa disposizione si applica se il tesoro è scoperto in una cosa mobile altrui." Ciò che interessa in questa sede però è la formulazione del comma 3 di questo articolo, secondo cui: "Per il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico si osservano le disposizioni delle leggi speciali". Questo perché, come prevede l'art. 826 c.c. "Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato (…) le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo". Riepilogando quindi un tesoro:
Ritrovamento casuale di un tesoro: disciplina[Torna su]
Le scoperte fortuite di beni culturali sono infatti disciplinate dall'art. 90 del Codice dei beni culturali e del paesaggio dlgs n. 42/2004, che così dispone:
L'art. 90, rinviando all'art. 10, consente d'individuare i beni culturali che interessa esaminare in questa sede, ovvero "le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante" lett. a), comma 3. Questi beni, a differenza di quelli contemplati dai commi 1 e 2 dell'art 10, richiedono la preventiva dichiarazione di interesse culturale prevista all'art. 13. Dichiarazione dell'interesse culturale: procedura[Torna su]
Occorre quindi esaminare in che cosa consiste la dichiarazione d'interesse culturale che, come precisa l'art 13. comma 1 del Codice dei beni culturali "… accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell'interesse richiesto dall'articolo 10, comma 3" ossia "artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante". Tutto chiaro, ma come si giunge a tale dichiarazione? Le norme di riferimento sono gli artt. 14 e 15 del Codice. Il primo, dedicato al procedimento di dichiarazione prevede i seguenti passaggi:
Notifica della dichiarazione d'interesse culturale[Torna su]
Adottata la dichiarazione essa deve essere notificata ai sensi dell'art. 15 "al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento." Nel caso in cui si tratti di "cose soggette a pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento di dichiarazione e' trascritto, su richiesta del soprintendente, nei relativi registri ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo. Dei beni dichiarati il Ministero forma e conserva un apposito elenco, anche su supporto informatico." Ritrovamento di un tesoro: spetta la ricompensa?[Torna su]
Tutto chiaro, ma ciò che interessa è: a chi trova un "tesoro" spetta una ricompensa? Iniziamo subito col dire che, l'art. 92 del Codice dei beni culturali riconosce, a chi trova un tesoro rientrante nella definizione di bene culturale di cui all'art. 10 un "premio", che viene corrisposto dal Ministero in misura non superiore a un quarto del valore, previa stima: "a) al proprietario dell'immobile dove è avvenuto il ritrovamento; b) al concessionario dell'attività di ricerca, ai sensi dell'articolo 89; c) allo scopritore fortuito che ha ottemperato agli obblighi previsti dall'articolo 90." Il premio può essere corrisposto in denaro o consegnando una parte delle cose ritrovate o a richiesta, tramite il riconoscimento di un credito d'imposta di pari ammontare. Il suo riconoscimento è subordinato al rispetto di alcuni obblighi da parte del proprietario del terreno e/o di colui che ha rinvenuto il tesoro, ossia:
La risposta l'ha fornita per fortuna il Tar Lombardia con la sentenza n. 799/2021: "Stabilisce il primo comma del citato art. 30 del d.P.R. n. 600 del 1973 che - I premi derivanti da operazioni a premio assegnati a soggetti per i quali gli stessi assumono rilevanza reddituale ai sensi dell'articolo 6 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, gli altri premi comunque diversi da quelli su titoli e le vincite derivanti dalla sorte, da giuochi di abilità, quelli derivanti da concorsi a premio, da pronostici e da scommesse, corrisposti dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche o private e dai soggetti indicati nel primo comma dell'articolo 23, sono soggetti a una ritenuta alla fonte a titolo di imposta…-. Come si vede, in base a questa norma, la ritenuta a titolo di imposta va applicata ad una ampia serie di premi e vincite (quelli derivanti da operazioni a premio, da vincite derivanti dalla sorte, da giochi di abilità ecc…), compresi “tutti gli altri premi comunque diversi da quelli su titoli. Ritiene il Collegio che il premio spettante al proprietario del sito presso il quale è stato effettuato il ritrovamento di un reperto archeologico rientri nell’ampia categoria dei “premi comunque diversi da quelli su titoli”. Del resto non si vedono le ragioni per le quali l’incremento patrimoniale derivante dall’attribuzione di tale beneficio debba essere trattato diversamente dagli altri incrementi collegati alla sorte cui fa specifico riferimento la sopra citata norma. Deve dunque affermarsi che nella fattispecie è applicabile l’art. 30, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, con conseguente obbligo per l’Amministrazione di effettuare la ritenuta a titolo di imposta ivi prevista. Parte ricorrente sostiene che l’obbligo di effettuare la ritenuta sarebbe incompatibile con la previsione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 92 del d.lgs. n. 42 del 2004, il quale stabilisce che l’avente diritto può chiedere di convertire il premio in credito d’imposta (la parte deduce che sarebbe impossibile effettuare una ritenuta su un credito di imposta). E’ opinione del Collegio che questa argomentazione non sia decisiva posto che, se è vero che non è possibile operare una ritenuta su un credito d’imposta, è anche vero che il credito di imposta deve essere calcolato in base all’effettivo ammontare del credito vantato nei confronti dell’Amministrazione tenuta al pagamento del premio. L’ultimo comma dell’art. 92 del d.lgs. n. 42 del 2004 deve essere pertanto letto nel senso che l’ammontare del credito di imposta va determinato in relazione a quanto l’Amministrazione sarebbe effettivamente tenuta a corrispondere all’avente diritto, al netto quindi della ritenuta prevista dall’art. 30 del d.P.R. n. 600 del 1973. L’argomentazione della ricorrente non preclude quindi che, anche nel caso di richiesta di conversione del premio in credito di imposta, la norma sopra citata possa trovare comunque sostanziale applicazione."
Anche il codice civile in realtà non utilizza il termine ricompensa, infatti ai sensi:
Leggi anche:
|
|