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Data: 09/10/2018 20:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - I presunti scopi educativi non sono idonee a escludere il fumus del reato di maltrattamenti nei confronti del cane, oggetto di violente percosse da padre del padrone. Pertanto, deve ritenersi giustificato il sequestro dell'animale anche se le sevizie non hanno prodotto evidenti lesioni. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nell'ordinanza n. 44554/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso del Procuratore della Repubblica contro la decisione che aveva annullato il decreto di sequestro preventivo di un cane il cui proprietario era stato indagato per maltrattamento di animali (ex art. 544-ter c.p.) Il casoIn particolare, il sequestro era stato disposto in quanto il padrone aveva sottoposto a sevizie il cane, colpendolo ripetutamente con calci, pugni, con una cintura e persino lanciandolo contro i muri. Il giudice del riesame, invece, annullava il provvedimento ritenendo assenti i presupposti del reato giacché le percosse sarebbero state inflitte non a titolo gratuito, bensì a scopo educativo e senza lasciare tracce visibili sul corpo dell'animale. Il P.M. ricorrente in Cassazione deduce il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 544-ter c.p. in cui sarebbe incorso il giudice territoriale: la norma citata, infatti, incrimina diversi comportamenti, tra i quali, in particolare, il cagionare una lesione all'animale oppure il sottoporlo a sevizie, in assenza di lesioni. Pertanto, nel caso in esame, sarebbe stata quest'ultima condotta oggetto di contestazione e, di conseguenza, il giudice di merita avrebbe sbagliato a valorizzare, per escludere il reato, la mancanza di crudeltà e l'assenza di necessità, trattandosi di profili rilevanti solo con riferimento alla diversa condotta di lesioni. Inoltre, soggiunge il ricorrente, con riferimento alla condotta di sottoposizione a sevizie, l'art. 544-ter c.p. non richiede neppure che i crudeli maltrattamenti abbiano lasciato segni visibili sul corpo dell'animale. Sequestrato il cane seviziato "per scopi educativi" anche in assenza di evidenti lesioniPer gli Ermellini il ricorso è fondato. L'art. 544-ter c.p., rammentano i giudici, è una fattispecie penale a forma libera, qualificabile quale norma a più fattispecie con modalità diverse di concretizzazione dell'offesa ai bene giuridico, la cui eventuale plurima realizzazione configura comunque un solo reato (cfr. Cass. n. 39159/2014). In particolare, soggiunge la Corte, il primo comma differenzia la condotta di aver cagionato all'animale una lesione, per crudeltà o senza necessità, dalla condotta di sottoposizione dell'animale a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. Pertanto, secondo i giudici, il requisito della crudeltà e dell'assenza di necessità è previsto per la sola ipotesi della condotta che cagiona lesioni e non per le altre condotte descritte nel primo comma dell'art. 544-ter del codice penale. In tale prospettiva, a fronte della contestazione provvisoria in atti, con la quale risulta contestato al ricorrente il reato con riferimento alla condotta di sevizie cui l'animale è stato sottoposto, senza che si siano prodotte lesioni (come risulta pacifico dalla lettura del provvedimento impugnato che ha escluso lesioni conseguenti alle percosse, in quanto il cane presentava solo una micosi) deve ritenersi fondato il ricorso del Pubblico Ministero. Ha dunque sbagliato il giudice del riesame a escludere il fumus del reato giustificando le sevizie con presunti scopi educativi, e cioè rifacendosi ad una ragione giustificativa che non risulta idonea a escludere la condotta contestata, che, come visto, assume rilevanza solo con riguardo alla fattispecie delle lesioni.
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