Data: 10/10/2018 14:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Il Tar di Lecce con ordinanza n. 481/2017, confermata dalla sentenza pubblicata il 17/07/2018 (sotto allegata) ha detto no a una s.n.c. che avrebbe voluto allestire una camera ardente all'interno di un condominio.

Come precisato dall'ordinanza infatti "l'attività richiesta dalla società ricorrente è, a tutti gli effetti, un'attività funeraria da realizzarsi all'interno del centro abitato e non una semplice attività commerciale". Tesi confermata tra l'altro anche da una recente pronuncia del Consiglio di Stato, che ha sfrattato, sempre da un condominio, una casa del commiato perché, stando alle dichiarazioni dei condomini, era come vivere in un lutto perenne, che impediva di organizzare feste, cene, ascoltare musica e godersi momenti di spensieratezza, per la paura di risultare irrispettosi nei confronti del dolore altrui.

Case del commiato: cosa sono

Le case del commiato sono locali destinati ad accogliere la salma prima del funerale o del saluto definitivo al defunto da parte di parenti e amici. Trattasi di locali con una destinazione particolare, non assimilabile a nessun altra attività e per questo soggette a regole particolari.

No alle case del commiato senza il consenso dei condomini

Il caso che fornisce lo spunto per trattare il tema della case del commiato in condominio ha inizio con la presentazione di un progetto da parte di una s.n.c al Comune di Maglie. L'obiettivo? Aprire una camera ardente in un locale condominiale, accanto al quale abita una persona, che fin dall'inizio si oppone a questa "attività" particolare e al quale il Comune da ragione.

La s.n.c però non demorde e ricorre al Tar, che lo respinge poiché, come precisato nell'ordinanza, non si tratta di aprire un negozio, ma un'attività funeraria a tutti gli effetti per la quale è necessario il consenso del contro interessato, che in questo caso è il condomino dell'appartamento accanto. Decisione confermata anche dalla sentenza del Tar Lecce, Sez. I, pubblicata il 17/07/2018 secondo la quale: "doverosamente l'Amministrazione Comunale ha proceduto a richiedere il consenso del contro interessato che, quale proprietario di una porzione dello stabile interessato dalla deroga, ai sensi dell'art. 14, comma 2, D.P.R. 380/2001, doveva essere interpellato. Invero, rileva il Collegio che il condominio si instaura sul fondamento della relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, situazione che si riscontra anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, come nel caso di specie (ex plurimis: Cassaz. 23740/17). Secondo orientamento giurisprudenziale consolidato, nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, l'Amministrazione ha il potere ed il dovere, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari (quali le opere edilizie interessanti porzioni condominiali comuni), di esigere il consenso degli stessi o pretendere la produzione della dichiarazione di assenso dell'amministrazione condominiale (ex multis: Tar Salerno n. 905/2014; Tar Genova n. 802/2014; Tar Napoli n. 3019/2013)".

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