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Data: 10/10/2018 06:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli - Il XXXIV Congresso Nazionale Forense ha approvato a larghissima maggioranza la mozione 141 (qui sotto allegata) sull'avvocato "monocommittente", ovverosia quello che lavora all'interno di uno studio legale o di uno studio professionale, che è il suo unico committente, e non ha altri clienti personali. No al lavoro subordinatoIl Congresso, così facendo, ha affidato agli Organisimi di rappresentanza il compito di attivarsi affinché il legislatore disciplini la materia, prendendo però una direzione che non è quella del disegno di legge che mira a eliminare l'incompatibilità della professione con il lavoro subordinato, attualmente all'esame della Commissione giustizia (sul quale leggi: "Avvocati: verso l'assunzione negli studi legali"). Nell'idea che emerge dalla mozione, infatti, l'avvocato monocommittente resta un libero professionista, al quale viene tuttavia assegnato uno status particolare, che lo caratterizza rispetto al professionista "tradizionale". In tal modo, si vuole porre a riparo l'autonomia e l'indipendenza dell'avvocatura che, secondo alcuni, rischierebbero di essere compromesse nel caso in cui si sdoganasse il lavoro subordinato all'interno della professione forense. La disciplina da emanareLa collaborazione in monocommittenza dovrà essere suggellata da un contratto con forma scritta ad substantiam, contenente le condizioni minime previste dalla mozione. La disciplina da emanare, tra le altre cose, dovrà prevedere delle tutele specifiche per i casi di gravidanza, malattia e infortunio e disciplinare i casi in cui venga stipulato un patto di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del contratto, anche prevedendo un corrispettivo in favore del collaboratore. La mozione si sofferma, inoltre, sugli obblighi dell'avvocato collaboratore monocommittente, sulla tutela del know-how, sull'iscrizione all'albo speciale per il patrocinio avanti le giurisdizioni superiori e sui requisiti per la specializzazione. In generale, l'obiettivo è quello di garantire a tale peculiare tipologia di professionista "un livello minimo di tutele dei rispettivi diritti ed interessi; il tutto nella salvaguardia dei principi cardine della professione, quali individuati dalla Costituzione e dalla legge n. 247/2012 ed, in particolare, di quello della indipendenza". Società tra avvocatiOltre a quella sull'avvocato monocommittente, il XXXIV Congresso Nazionale Forense ha approvato diverse altre mozioni, tra le quali vanno menzionate quelle sulle società tra avvocati, ovverosia la numero 155, la numero 178 e la numero 179 (qui sotto allegate). Queste ultime due, tra le altre cose, propongono l'estensione dei criteri di distribuzione degli utili delle società professionali alle società tra avvocati, anche "eliminando il divieto di anticipare dividendi da ripartirsi anticipatamente all'approvazione del bilancio e che gli stessi possono essere "anticipati" solo se realmente conseguiti". La mozione 155, invece, ribadisce la contrarietà al socio di capitali in tali modelli di società, affermando che, nel fissarne i criteri, il legislatore si è ispirato al tipo societario di cui al d.lgs. n. 96/2001, in cui la struttura organizzativa e i soci professionisti coincidono perfettamente, "non trovando ivi ingresso la previsione di soci di capitali, che crea, di contro, una disomogeneità tra struttura organizzativa e struttura operativa". Agli organismi di rappresentanza viene comunque affidato l'incarico di adoperarsi affinché "In ipotesi di previsione di soci di capitale, si stabilisca l'incompatibilità del socio di capitale a rivestire la carica di amministratore nella STA". |
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