Data: 14/10/2018 10:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Il tema delle telecamere in condominio è da sempre oggetto di dibattito e per tali ragioni la giurisprudenza ha offerto spesso risposte e chiarimenti in relazione alle questione più dibattute.

Non può, infatti, negarsi l'imprescindibile legame della tematica con quello della privacy: in sostanza, la maggior sicurezza a cui anelano i condòmini deve contemperarsi con la tutela dell'altrui riservatezza.

Telecamere in condominio: la disciplina

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L'art. 1123-ter del codice civile, aggiunto dalla riforma del Condominio del 2012, ammette espressamente l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza ed esplicita il quorum necessario relativo alle deliberazioni in materia: queste devono essere approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136, ovvero con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

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In un recente parere (n. drep/ac/113990 del 7 marzo 2017), il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha anche chiarito che l'utilizzo degli strumenti di videosorveglianza è ammesso in presenza di concrete situazioni che ne giustifichino l'installazione (a protezione delle persone, della proprietà o del patrimonio aziendale).

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Inoltre, ha soggiunto il Garante, nell'uso delle apparecchiature volte a riprendere aree esterne a edifici e immobili, il trattamento dovrà essere effettuato con modalità tali da limitare, per quanto possibile, l'angolo visuale all'area effettivamente da proteggere.

L'argomento telecamere nei Condomini necessita ora anche di espressa rilettura alla luce delle disposizioni del nuovo regolamento europeo 2016/679: la giurisprudenza, ancor prima dell'entrata in vigore, aveva iniziato ad adeguarvisi sostenendo che le telecamere potessero essere installate, senza consenso altrui, per seri motivi di sicurezza, salvo deroghe eccezionali.

Telecamere e angolo di visuale: gli orientamenti della giurisprudenza

In relazione alla tutela della privacy, correlata alla necessità che l'angolo di visuale della telecamera sia limitato ad alcune aree, si è espressa anche a più riprese la giurisprudenza, anche di legittimità.
Da un lato, alcuni giudici di merito (ex multis Trib. Napoli, sent. 4446/2018) hanno fornito una lettura più stringente prendendo spunto dalla delibera del Garante della Privacy dell'8 aprile 2010 secondo cui, ove un singolo condomino installi impianto di videosorveglianza a tutela della sua proprietà esclusiva, "l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio quelli antistanti l'accesso alla propria abitazione, escludendosi ogni forma di ripresa, anche senza registrazione, di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l'abitazione di altri condomini".
Il Tribunale di Catania (sentenza n. 466 del 31 gennaio 2018) ha invece condannato un uomo a risarcire al vicino il danno non patrimoniale subito a causa dell'intrusione nella sua vita privata in quanto le telecamere installate dal primo erano in grado di riprendere (come documentato delle stesse registrazioni) anche l'ingresso e le finestre del bagno e della cucina di proprietà del dirimpettaio.
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il Tribunale di Bergamo (sent. 1074/2018) che ha ordinato la rimozione di telecamere posizionate a 45 gradi rispetto alla parete di proprietà e dunque pienamente ingrado di consentire la visione su fondo del vicino. In sostanza, per il Tribunale è legittimo installare una telecamera davanti alla propria abitazione, ma non riprendere anche solo in parte la proprietà di fronte o vicina.
In tal caso, infatti, risulterebbe violato il diritto alla riservatezza, a nulla rilevando che l'obiettivo sia puntato verso la strada, oggetto di servitù di passaggio, o che la qualità delle immagini sia scarsa o che ad essere inquadrati siano soltanto gli arti inferiori di coloro che la percorrono essendo la privacy comunque "potenzialmente" lesa.

Telecamere in condominio: quando non è violata la privacy?

La Cassazione, invece, in un recentissimo arresto (sent. 38230/2018), ha confermato quanto affermato in precedenti pronunce, ovvero che le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali "non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché sono, in realtà, destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all'art. 615-bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese".
La Corte è giunta, così, ad escludere la violazione della privacy qualora le telecamere non riprendano l'abitazione privata altrui né spazi pertinenziali ad essa (es., pianerottolo nell'immediata prospicenza dell'ingresso dell'altrui abitazione).
Il contenzioso, inoltre, può scattare anche quando la telecamera sia "finta" ovvero apposta al solo fine di svolgere una funzione deterrente avverso potenziali intrusioni da parte di terzi malintenzionati e inidonea a riprendere e registrare.
Ne sa qualcosa il Tribunale di Latina (ordinanza 17 settembre 2018) che ha deciso sul reclamo di un vicino che aveva chiesto, ex art. 700 c.p.c, la rimozione o la modificazione del posizionamento della telecamera del vicino. Tuttavia, questo dispositivo era risultato essere un mero involucro di plastica.
Pertanto, secondo i giudici, la finta telecamera sarebbe stata inidonea ad effettuare riprese e dunque anche ad arrecare alcun pregiudizio alla privacy: in difetto del periculum in mora necessario per l'azione, il Tribunale non ha potuto che decidere per la liceità della telecamera giocattolo.

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