Data: 14/10/2018 09:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Se l'ex effettua una donazione all'allora coniuge, non è sufficiente la successiva relazione extraconiugale intrapresa da quest'ultimo a giustificare la revoca per ingratitudine del donatario.

Soltanto un atteggiamento di disistima e avversione nei confronti del partner può integrare l'ingiuria grave legittimante la restituzione del bene.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell'ordinanza n. 24965/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso dell'ex marito che chiedeva revocarsi la donazione indiretta di un appartamento alla moglie per ingratitudine della donataria.
L'immobile era stato acquistato poco prima del matrimonio e pagato interamente dall'uomo che lo aveva poi intestato all'allora compagna di vita. Anni dopo, la moglie aveva intrattenuto una relazione sentimentale extraconiugale, tenendo comportamenti ingiuriosi nei confronti del marito.
Ciononostante, questo non è apparso sufficiente ai giudici di merito per revocare la donazione e neppure è stata ravvisata alcuna ingiuria grave nei comportamenti tenute dalla moglie. Anche la Cassazione, chiamata a pronunciarsi dall'uomo sulla vicenda, decide allo stesso modo.

La relazione extraconiugale non basta a revocare la donazione

Gli Ermellini chiariscono che l'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore e al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità del donante (cfr. sent. 17188/2008)
L'ingiuria deve, pertanto, essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosità verso il donante. Inoltre, il comportamento del donatario va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante, perché espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l'atteggiamento del donatario.
Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale. La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima e avversione nei confronti del donante.
Nel caso in esame, dalle risultanze istruttoria, era emersa una prima relazione della ex riscontrata con contorni vaghi e imprecisi. Invece, la seconda relazione extraconiugale lamentata dal ricorrente, non solo era iniziata nel periodo in cui i coniugi erano separati di fatto, ma aveva avuto una risonanza mediatica a causa della notorietà del nuovo compagno.
Tanto bastava a escludere che l'infedeltà della donataria nascesse da un sentimento di avversione e di disprezzo nei confronti dell'ex marito, tanto da ripugnare la coscienza comune. Come correttamente evidenziato dalla corte territoriale, il comportamento della donna era rilevante ad altri fini, quale l'accertamento dell'addebito, ma non incideva sull'onore ed il decoro dell'ex. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Tutte le notizie