Data: 20/10/2018 14:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli � L'Agenzia delle entrate, con la risposta numero 37/2018 qui sotto allegata, ha precisato che, ai fini del riconoscimento del diritto di abitazione che sorge, per un determinato periodo, successivamente al decesso del convivente more uxorio, lo status di convivente pu� essere riconosciuto sulla base di una semplice autocertificazione resa ai sensi dell'articolo 47 del d.p.r. numero 445/2000.

Non rileva, infatti, che la convivenza con il de cuius non risulti da alcun registro anagrafico e che il convivente superstite non abbia la residenza anagrafica nella casa di propriet� del de cuius.

Niente diritto di abitazione nella successione

L'Agenzia ha poi chiarito che il diritto di abitazione di cui all'articolo 1, comma 42, della legge numero 76/2016 non deve essere indicato nella dichiarazione di successione poich� si tratta di diritto personale di godimento attribuito a un soggetto che non � di per s� n� erede n� legatario.

Il riconoscimento di tale diritto avviene infatti per legge con lo scopo di garantire il convivente dalle pretese successorie dei successori del defunto, per un arco temporale tale da consentirgli di provvedere in altro modo a soddisfare la propria esigenza abitativa. Esso opera anche se, come nel caso descritto nel quesito rivolto all'Agenzia delle entrate, manca una disposizione testamentaria volta a istituire il convivente legatario dell'immobile.

Detenzione qualificata

Nell'argomentare tale posizione, la risposta si � rifatta, riportandone dei passaggi, anche alla sentenza numero 10377/2017 della Corte di cassazione, che ha qualificato l'interesse del convivente sulla casa di abitazione ove si � svolto e si � attuato il programma di vita in comune come un interesse "ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalit�, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare".


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