Data: 22/10/2018 15:00:00 - Autore: Marco Sicolo
Avv. Marco Sicolo - I danni a beni immobili causati dalle deiezioni degli animali domestici rappresentano un argomento molto dibattuto, perché coinvolge interessi contrapposti che appaiono entrambi meritevoli di adeguata tutela.

Da un lato, infatti, c'è il legittimo diritto dei proprietari dell'edificio a non vedere imbrattata la facciata dell'immobile o altre sue parti, come gradini e soglie d'ingresso. Dall'altro, non può certo negarsi il diritto-dovere del proprietario dell'animale di portarlo a spasso, anche allo scopo di consentirgli di espletare i propri bisogni naturali.

Imbrattamento edificio, cosa si rischia

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L'argomento è stato più volte oggetto di controversie giudiziali, che possono riguardare sia gli aspetti civili riguardanti il risarcimento del danno e la riduzione in pristino a carico del proprietario dell'animale, sia i risvolti penali della vicenda.

La pipì del cane, infatti, può causare imbrattamento o deturpamento dell'edificio, circostanza rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 639 del codice penale. La lettera di questa norma prevede l'applicabilità di una sanzione pecuniaria pari, nel minimo, ad euro 103. La multa può ammontare fino a 1.000 euro se l'episodio ha per oggetto un immobile, e fino a 3.000 se il bene è di interesse artistico. In quest'ultimo caso, è addirittura ipotizzabile la reclusione fino ad un anno per il responsabile del danno.

Come si vede, una banale attività quotidiana come "portare giù il cane", può avere risvolti giuridici non indifferenti.

Danni causati dai cani: i precedenti giurisprudenziali

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Sull'argomento si è pronunciata anche la Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 7082 del 2015, che ha, in un certo senso, escluso la responsabilità del proprietario che si attivi immediatamente per riparare i danni causati da Fido.

In particolare, la Suprema Corte ha premiato il comportamento del proprietario che si era premunito di una bottiglietta d'acqua per lavare e diluire la pipì del suo cane. Tale condotta, anziché contribuire a configurare il dolo eventuale del soggetto, denotava invece la sua consapevolezza che un simile evento potesse accadere anche in posti diversi da un'aiola o giardinetto.

Sebbene, infatti, possa pretendersi che il proprietario cerchi di dissuadere l'animale dal fermarsi vicino a un edificio, non si può però arrivare a pretendere che si impedisca l'atto dell'animale con metodi che potrebbero sfociare nel maltrattamento.

Detto questo, restano ferme, ovviamente, le pretese civili al risarcimento dei danni eventualmente causati all'edificio.

Il rispetto di ordinanze e regolamenti

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L'argomento rileva anche sul piano del rispetto dei regolamenti comunali e della convivenza civile in condominio.

Sotto il primo profilo, ad esempio, è accaduto che il proprietario fosse stato multato con una sanzione amministrativa per non aver pulito la sede stradale, dopo che il cane aveva fatto i suoi bisogni. Come si vede, sul punto rilevano anche le disposizioni eventualmente contenute in ordinanze e regolamenti comunali, il cui contenuto può variare da città a città.

Per quanto riguarda la vita in condominio, invece, sebbene il nuovo testo dell'art. 1138 c.c. disponga che il regolamento condominiale non può vietare il possesso di animali domestici, rimane ferma la responsabilità (civile e penale) del proprietario in ordine ai comportamenti dell'animale che causino danni a cose e persone, immissioni sonore e odori intollerabili.


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