Data: 27/10/2018 16:30:00 - Autore: Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi - Il legittimo detentore, che non sia un collezionista o rivenditore di armi e, quindi, destinatario di specifici obblighi di custodia, non soggiace a specifiche modalità di conservazione dell'arma stessa.
Solo il giudice è chiamato, volta per volta, a verificare se nelle concrete circostanze di fatto l'obbligo di custodia delle armi sia stato adempiuto con diligenza.
Più precisamente: in assenza dell'indicazione di specifiche condotte da tenere, questo obbligo si ritiene assolto quando vengono adottate le cautele che si possono pretendere da una persona di normale prudenza, secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit, ossia "ciò che accade più spesso o di solito".
Il tutto si risolve, quindi, in un accertamento di fatto.
In questa materia, un caso pertinente al principio illustrato è stato trattato e risolto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 33709 del 19.07.18.

Omessa custodia di pistola ex art. 20 legge 110/75

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In causa, davanti il Tribunale, l'imputato è dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 20 l. 110/75, contestatogli in quanto pare abbia omesso di custodire con la dovuta diligenza una pistola Glock 9x21 e munizioni, che deteneva all'interno di un cassetto della cucina.
L'imputato presenta ricorso per Cassazione.

Il giudizio di responsabilità dell'imputato è erroneo

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In Cassazione la questione prende un'altra piega.
L'obiezione mossa al ragionamento del giudice di merito è questa.
L'attenzione è stata posta solo sulle circostanze del rinvenimento della pistola e delle munizioni, regolarmente denunciati, detenuti all'interno di un ripiano basso di una cucina della propria abitazione, non chiuso a chiave e senza un sistema di sicurezza: da tanto si è fatta derivare la mancanza di diligenza nella custodia perché conservate per circa cinque ore, dal momento del rientro dal lavoro alle ore 7,30 sino alle ore 12,30 in cui è stato effettuato il controllo, con modalità che pare non impedivano a terzi l'accesso e l'apprensione.

Come ricostruire correttamente il fatto

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Secondo il parere della Cassazione penale, il Tribunale non ha dato una giustificazione logica sulla modalità di custodia dei dispositivi dell'imputato.
In pratica, secondo l'idea della Suprema Corte, la ricostruzione del fatto doveva essere basata sulla presenza all'interno di un mobile di una cucina, non a vista e neppure immediatamente apprensibili.
Inoltre, su ulteriori circostanze quali, ad esempio, la presenza della persona interessata e l'assenza, nel corso della mattinata, della moglie e di due figli quali altri membri occupanti l'appartamento.
In definitiva, una corretta ricostruzione del fatto doveva portare quei giudici a dire che non esisteva la concreta possibilità di un immediato accesso e di prelievo di pistola e munizioni da parte di chiunque, minori compresi.

In pratica

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Il succo del discorso è questo: non importa che il mobile non fosse stato chiuso a chiave o fosse privo di un meccanismo di sicurezza, in quanto l'eventuale prelievo avrebbe richiesto l'ingresso nell'abitazione e nella cucina mentre il proprietario era li presente: tanto avrebbe astrattamente scongiurato anche la possibilità di asportazione da parte di un qualsiasi malintenzionato.

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