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Data: 20/09/2022 14:00:00 - Autore: Marco Sicolo
Limiti alla disponibilità del dipendente[Torna su] La diffusione degli strumenti tecnologici con cui ci manteniamo costantemente in contatto gli uni con gli altri, come smartphone, tablet, e-mail e app per la messaggistica istantanea, ha avuto indubbie ripercussioni anche nel mondo del lavoro.
Accanto all'indiscussa facilitazione delle comunicazioni anche in ambito aziendale, infatti, si è posta all'attenzione anche l'esigenza del lavoratore dipendente a non essere ritenuto costantemente disponibile da parte del datore, al di fuori dell'orario di lavoro. Ciò in particolar modo in tempi di pandemia da coronavirus che hanno accentuato il ricorso allo smart working. Spesso, infatti, il senso di responsabilità del dipendente e le particolari dinamiche sociali e interpersonali che si instaurano in ambito aziendale, portano il lavoratore a rispondere a eventuali chiamate telefoniche, e-mail o messaggi via chat, anche se ricevuti al di fuori del normale orario di lavoro. Se questa, in alcuni casi, può considerarsi una prassi di cortesia, spesso finisce con l'essere un'abitudine pressante e stressante ai danni del dipendente. Va considerato, infatti, che quest'ultimo possa essere portato a rispondere ai messaggi anche solo per il timore di apparire disinteressato alle sorti aziendali, agli occhi del superiore o del collega che lo ha contattato. Proprio per questo, ci si chiede se sia configurabile un diritto alla disconnessione in capo al dipendente, cioè il diritto a rimanere irreperibili al di fuori dell'orario di lavoro. Diritto alla disconnessione e smart working[Torna su] In realtà, il diritto alla disconnessione è un istituto dai confini ancora fumosi nel nostro ordinamento, anche se ha già trovato riconoscimento ufficiale all'estero e sia già diffusamente rispettato nella pratica aziendale nostrana.
A dire il vero, tale diritto viene preso in considerazione anche a livello normativo, nella legge che disciplina lo smart working in Italia. Quest'ultimo, anche conosciuto come lavoro agile, rappresenta una modalità di svolgimento dell'attività lavorativa ampiamente adottata nella realtà lavorativa italiana, soprattutto come anticipato nel corso del lockdown e della pandemia da coronavirus, e postula la possibilità per il dipendente di prestare la propria opera anche al di fuori dell'azienda, senza vincoli di orario. L'orario, appunto: questo il punto in comune tra smart working e diritto alla disconnessione. La legge sul lavoro agile (l. 81/2017) chiarisce che il lavoratore è tendenzialmente libero di stabilire in autonomia i tempi di lavoro. L'unico vincolo, anzi, è dato proprio dalla durata massima dell'orario di lavoro. Raggiunto questo limite, anche il lavoratore "flessibile" ha il diritto di "staccare la spina" e rendersi irreperibile. Lo stabilisce il secondo periodo del comma 1 dell'art. 19 della legge 81/2017: "L'accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro." Irreperibilità nella contrattazione collettiva[Torna su]
Al di là del dato normativo appena esaminato, è possibile citare anche quanto avviene nell'ambito della contrattazione collettiva, dove il diritto alla disconnessione è ormai considerato quale criterio generale da tenere in considerazione, relativamente all'utilizzo di cellulari e altri dispositivi di comunicazione. In tale ambito, nell'ottica di una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita privata familiare, la possibilità di effettuare chiamate ai dipendenti e inviare mail per motivi di lavoro viene dichiaratamente circoscritta al solo orario di lavoro e non è concessa nelle restanti ore della giornata. Analoghe disposizioni, come detto, si ritrovano già in alcuni ordinamenti stranieri, come ad esempio la legge sul lavoro francese. La posizione dell'Europa sul diritto alla disconnessione[Torna su]
La Francia però non è la sola a regolamentare in dettaglio e con forza il diritto alla disconnessione. Regole similari si riscontrano anche in Spagna e Portogallo mentre in Irlanda nel 2021 sono stati fatti passi importanti con un Codice di Condotta base per gli accordi collettivi. Il 2021 è stato anche l'anno in cui in Europa il diritto alla disconnessione è stato oggetto di una risoluzione del Parlamento del 21 gennaio. Gli Stati Europei sono stati invitati a considerare il diritto alla disconnessione come fondamentale e ormai del tutto imprescindibile dai nuovi modelli di lavoro. Il Parlamento ha inoltre sollecitato la Commissione a elaborare una vera e propria Direttiva per riconoscere il diritto alla disconnessione e per affrontare anche il tema delle denunce in caso di violazione. Diritto alla disconnessione: una regola comportamentale[Torna su]
In realtà, al di là di qualunque appiglio normativo, sembra corretto affermare che la questione del c.d. diritto alla disconnessione riguardi, più che la sfera giuridica, quella della correttezza nei rapporti sul piano sociale. Prolungare il livello di attenzione e di disponibilità del dipendente oltre il normale orario di lavoro per cui viene retribuito, infatti, potrebbe a buon ragiona essere considerato una fonte di ingiusto stress nei confronti dello stesso. Del resto, pretendere che il dipendente abbia uno specifico dovere di rispondere a mail e messaggi del tutto eventuali anche fuori dell'orario di lavoro, vorrebbe dire riconoscere che lo stesso, in certa misura, sia ancora a disposizione del datore e configurerebbe, in ultima analisi, il suo diritto ad un'indennità economica che compensi tale reperibilità. È dunque ragionevole affermare che, anche in assenza di specifici accordi o normative, già sul piano comportamentale è da ritenersi sussistente il diritto alla irreperibilità, al di fuori dell'orario di lavoro, in capo a ciascun lavoratore dipendente. |
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