Data: 10/11/2018 14:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione (con sentenza n. 28029/2018 sotto allegata) ribadisce ancora una volta che la firma apposta dal lavoratore dipendente sulla busta paga non dimostra l'avvenuto pagamento della retribuzione. Non esiste infatti una presunzione assoluta di corrispondenza tra la retribuzione percepita dal lavoratore rispetto a quella che risulta dalla busta paga. Questo perché può sempre essere dimostrato che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non ha in realtà valore di quietanza.

La vicenda processuale

La Corte di appello di Palermo conferma la sentenza con cui il giudice di prime cure ha rigettato l'opposizione proposta da un datore di lavoro avverso il decreto ingiuntivo con cui un suo dipendente gli ha intimato il pagamento di una somma superiore a 20.000 euro per retribuzioni e TFR. La Corte territoriale nel corso del giudizio ha infatti accertato che la sottoscrizione apposta dal lavoratore in calce alle buste paga non ha valore di quietanza, ma attesta solo la ricezione delle stesse. Spetta quindi al datore di lavoro dimostrare l'erogazione effettiva delle somme.

Il datore di lavoro ricorre quindi in Cassazione sostenendo che spetta al lavoratore dimostrare il proprio diritto di credito. Secondo lui inoltre, il fatto che il dipendente abbia apposto la propria firma sulle varie buste paga, dimostra che la sottoscrizione è avvenuta per quietanza.

La firma sulla busta paga non ne dimostra l'avvenuto pagamento

La Cassazione, con la sentenza n. 28029/2018 respinge il ricorso del datore di lavoro, perché inammissibile e infondato. Come precisa la Corte, è ormai costante e consolidato il principio secondo cui "le buste paga, ancorché sottoscritte dal lavoratore con la formula "per ricevuta" (e nello specifico non è dato sapere neppure se tale formula fosse presente), costituiscono prova solo della loro avvenuta consegna ma non anche dell'effettivo pagamento, della cui dimostrazione è onerato il datore di lavoro, attesa l'assenza di una presunzione assoluta di corrispondenza tra quanto da esse risulta e la retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore, il quale può provare l'insussistenza del carattere di quietanza delle sottoscrizioni eventualmente apposte".

Difatti "non esiste una presunzione assoluta di corrispondenza della retribuzione percepita dal lavoratore rispetto a quella risultante dai prospetti di paga ed è sempre possibile l'accertamento della insussistenza del carattere di quietanza anche delle sottoscrizioni eventualmente apposte dal lavoratore sulle busta paga".

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