Data: 13/07/2023 07:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Cos'è il whistleblowing

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Con il termine di origine anglosassone whistleblowing si fa riferimento a "soffiare il fischietto". C'è chi dice che il vocabolo alluda al soffio del fischietto dei poliziotti per segnalare la commissione di un illecito, c'è invece chi ritiene che l'origine derivi dal fischio tipico dell'arbitro quando rileva un fallo.
Dal punto di vista giuridico invece il whistleblowing è la denuncia o la segnalazione di un illecito da parte di un soggetto interno a un'azienda o a un ente pubblico, scoperto a causa e durante lo svolgimento delle proprie mansioni lavorative.

Il whistleblowing dal 2017 è una realtà giuridica anche in Italia. Nel mondo anglosassone la figura del whistleblower, ossia di chi "soffia il fischietto" per segnalare un illecito all'interno del posto del lavoro è tutelato da quasi trent'anni. In Italia si è dovuta attendere la legge n. 179 del 2017 per approntare delle tutele in favore del dipendente pubblico o privato che, a causa e nello svolgimento delle proprie mansioni, si accorge che un collega o un superiore non si sta comportando bene.

Grazie a questa legge il segnalante di illeciti è protetto dall'anonimato, salvo casi particolari, e non può essere licenziato né sanzionato a causa della segnalazione stessa. Un'inversione di rotta importante in un paese in cui c'è ancora tanta paura a denunciare, per il timore di ritorsioni. Naturalmente, come precisato dalla Cassazione in una sentenza del 2018, i dipendenti non sono tenuti ad "investigare" attivamente per scovare un eventuale "colpevole". La legge infatti non impone alcun obbligo di segnalazione, ma si limita ad approntare le giuste tutele per decide di assumersi questa responsabilità.

Disciplina whistleblowing

Come anticipato, il whistleblowing in Italia è disciplinato dalla legge n. 179/2017 "Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato." L'introduzione della legge suddetta ha comportato la modifica:

  • del decreto legislativo n. 165/2001, contenente le "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"
  • e del decreto legislativo n. 231/2001 "Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300".

Come funziona il whistleblowing in Italia

La citata legge n. 179/2017 sul whistleblowing sostituisce l'art. 54 bis del dlgs. n. 165/2001. Nello specifico la norma prevede che, nel momento in cui un pubblico dipendente, nell'interesse della pubblica amministrazione

  • segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (art. 1, comma 7, legge n. 190/2012) o all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC),
  • o "denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui e' venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione." Nel caso in cui nei confronti del segnalante vengano adottate misure ritorsive, l'interessato o le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione in cui si sono verificate, ne deve dare comunicazione all'ANAC, che a sua volta informa il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri o gli altri organismi di garanzia e disciplina, per adottare eventuali provvedimenti.

Chi è il whistleblower

Dal termine whistleblowing deriva quello di whistleblower, ovvero colui che, all'interno di un posto di lavoro, denuncia illeciti scoperti in virtù di tale rapporto. La tutela dei segnalatori è elevata negli Stati Uniti, grazie al Whistleblower Protection Act, una legge del 1989, che li protegge da possibili ritorsioni.

In Italia, si è dovuto attendere il 2017 per avere la tutela di queste figure.

Sempre l'art. 54 bis al comma 2 del Dlgs n. 165/2001 precisa che, per dipendente pubblico, a cui è applicabile la tutela prevista in caso di segnalazione si deve intendere:

  • l'impiegato presso le amministrazioni pubbliche elencate all'art. 1 del dlgs 165/2001;
  • quello che opera presso un ente pubblico economico,
  • o che è alle dipendenze di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice;
  • che lavora o collabora nelle imprese che forniscono beni o servizi e che realizzano opere per la pubblica amministrazione.

Tutele nel settore pubblico

La legge n. 179/2017 tutela il segnalante, vietando di diffondere la sua identità, nell'ambito del procedimento penale, di quello instaurato davanti alla Corte dei conti e di quello disciplinare, salvo casi particolari.

La legge vieta inoltre alle pubbliche amministrazioni di adottare misure discriminatorie nei confronti dei segnalatori, prevedendo sanzioni da 5000 a 30.000 euro a carico del responsabile. Sono punite inoltre la mancata o illegittima gestione della segnalazione e la mancata verifica e analisi della stessa, con sanzioni che vanno da 5000 a 10.000 euro.

Sono infine considerati nulli gli atti discriminatori o ritorsivi adottati in seguito alle suddette segnalazioni e in caso di licenziamento del segnalante è prevista la reintegra nel posto di lavoro.

Le suddette tutele tuttavia "non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave".

Tutele nel settore privato

La tutela di chi segnala illeciti all'interno del settore privato sono invece previste dall'art. 2 della legge n. 179/2017, il quale prevede che anche nelle realtà private:

  • devono essere predisposti uno o più canali in grado di tutelare la riservatezza del segnalante, che consentano di presentare segnalazioni circostanziate di condotte illecite, fondate su elementi di fatto precisi e concordanti "o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte" ;
  • deve essere predisposto un canale alternativo informatico di segnalazione che tuteli la riservatezza del segnalante.

Anche all'interno delle realtà lavorative private sono vietati atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante legati alla segnalazione e devono essere previste sanzioni nei confronti di chi viola la tutela del segnalante e di chi effettui segnalazioni infondate con dolo o colpa grave.

Il comma 2 ter dell'art 2 prevede inoltre che l'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei segnalatori può essere denunciata all'Ispettorato nazionale del lavoro dal segnalante o dall'organizzazione sindacale da lui indicata.

Ai sensi del comma 2-quater art 2 infine, è nullo il licenziamento ritorsivo o discriminatorio così come il mutamento e l'adozione di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria. Spetta al datore di lavoro dimostrare che tali provvedimenti non sono conseguenza dalla segnalazione.

Direttiva UE whistleblowing e attuazione in Italia

Del whistleblowing non si occupa solo la normativa interna. In ambito europeo è stata infatti emanata la Direttiva 2019/1937 del Parlamento e del Consiglio Europeo (sotto allegata), che, dopo il parere positivo del Garante Privacy del 24.1.2023 (sotto allegato) è stata attuata in Italia con il decreto legislativo n. 24/2023 (sotto allegato), al fine di adeguare la normativa italiana a quella europea.

Il decreto rafforza le tutele per chi denuncia le condotte illecite in violazione della legislazione Ue, senza differenziazione tra settore pubblico e privato, garantendo il whistleblower dal pericolo di comportamenti ritorsivi.

Vengono, quindi, rafforzati i principi di trasparenza e responsabilità e la prevenzione dei reati in ambito comunitario, con riferimento ai settori indicati dalla direttiva (tra cui: appalti pubblici, servizi finanziari, sicurezza dei prodotti e dei trasporti, ambiente, alimenti, salute pubblica, privacy, sicurezza della rete e dei sistemi informatici, concorrenza). Viene esteso il campo di applicazione alle aziende private con una media di oltre 50 dipendenti e a settori (come quello finanziario), in cui la disciplina si applica a prescindere dalle soglie dell'organico aziendale. Per le aziende con meno di 50 dipendenti è consentita la segnalazione interna (tramite canali predisposti che garantiscano la riservatezza di chi denuncia) delle condotte illecite ma non il canale esterno. La segnalazione esterna all'ANAC è consentita soltanto se: già utilizzato il canale interno; non sia prevista la predisposizione obbligatoria del canale interno o questo non sia attivato; la segnalazione sia stata effettuata e non ha avuto seguito o ci sia il rischio di ritorsione; la violazione denunciata possa costituire un imminente pericolo.

Norme operative dal 15 luglio 2023

Il D.lgs. n. 24/2023, in vigore dal 30 marzo 2023, diventa operativo dal 15 luglio, mentre per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell'ultimo anno, in media fino a 249 lavoratori subordinati, l'obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023.


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