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Data: 29/11/2018 09:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - Chi subisce mobbing da un condominio, nella veste di datore di lavoro, ha l'onere di provarlo. A stabilirlo è l'ordinanza n. 25872/2018 della Cassazione (sotto allegata), chiamata a pronunciarsi sul ricorso di un portiere a cui in primo grado e in appello è stato negato il ristoro richiesto per aver subito condotte mobbizzanti da parte dell'amministratore e dei vari condomini. Gli Ermellini, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non hanno giudicato l'operato del secondo giudice in particolare, superficiale. Il giudice d'appello infatti, secondo la Suprema Corte avrebbe vagliato attentamente tutto il materiale probatorio, dal quale però, come chiarito anche nella sentenza impugnata, non sarebbero emersi elementi tali da configurare una condotta mobbizzante tale da giustificare una richiesta risarcitoria per danno biologico, morale ed esistenziale. La vicenda processualeUn soggetto conviene un condominio dinanzi al tribunale, esponendo aver lavorato presso di esso come portiere con alloggio, regolarmente inquadrato dal 1993 al 2008. L'attore dichiara inoltre di aver subito un comportamento persecutorio da parte dell'amministratore e di alcuni condomini, di non aver percepito una retribuzione adeguata alle mansioni e di aver subito un licenziamento illegittimo. Per i suddetti motivi impugna il licenziamento e chiede la condanna del condominio datore di lavoro al risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale. Il Giudice accogliendo in parte il ricorso condanna il condominio al pagamento di più di 82.0000 euro, a titolo di differenze retributive e t.f.r., rigettando le domande relative alla dichiarazione della illegittimità del licenziamento e risarcimento del danno da mobbing. La Corte d'appello conferma la sentenza di primo grado relativamente all'insussistenza di elementi in grado di configurare una condotta vessatoria del condominio datore di lavoro, per assenza della intenzionalità del comportamento mobbizzante e per l'ascrivibilità della stessa a più datori, identificabili nei vari condomini. Considerazioni che fanno ritenere legittimo il licenziamento, per inabilità al lavoro. Ricorre in cassazione il portiere, resiste con controricorso il condominio I motivi del ricorsoFocalizzando l'attenzione sui motivi del ricorso relativi alla richiesta di risarcimento del danno per condotta mobbizzante dell'amministratore e dei condomini, il ricorrente:
Chi sostiene di aver subito mobbing dal condominio deve provarloLa Suprema Corte, nell'ordinanza n. 25872/2018 respinge le suddette doglianze del portiere, poiché a suo giudizio, il giudice di seconda istanza ha vagliato con attenzione tutto il materiale, valutando correttamente il diverso valore probatorio delle testimonianze e della documentazione prodotta. Essa ha altresì vagliato adeguatamente le denunciate condotte dei condomini, escludendo che potessero configurare una condotta mobbizzante con conseguente condanna al risarcimento del danno. Considerazione che nega di conseguenza anche il denunciato collegamento tra il mobbing subito e la sopravvenuta inabilità al lavoro. Gli Ermellini si rimettono in sostanza alle conclusioni del giudice di secondo grado, poiché "L'espletato accertamento investe, infatti, pienamente, per quanto sinora detto, la quaestio facti, e rispetto ad esso il sindacato di legittimità si arresta entro il confine segnato dal novellato art.360, co. 1, n. 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 7 aprile 2014." Leggi anche: - Mobbing: la ripartizione dell'onere della prova |
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