Data: 13/12/2018 21:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Innanzi alla condotta violenta di uno dei coniugi nei confronti dell'altro, il giudice deve pronunciare l'addebito della separazione a carico di questi, senza dover procedere alla comparazione con il comportamento dell'altro coniuge: tali atti particolarmente gravi sono, infatti, comprabili colo con comportamenti omogenei.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nell'ordinanza n. 31901/2018 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di una donna che era stata picchiata e vessata ripetutamente dal marito.

I giudici di merito avevano respinto la richiesta d'addebito proposta dalla moglie che lamentava l'intollerabilitą della convivenza a causa del comportamento dispotico e violento del marito.

Secondo la Corte distrettuale, invece, la condotta aggressiva dell'uomo era stata innescata proprio a seguito dell'ostinato comportamento della moglie: questa, avendo constatato il rifiuto dell'uomo di assecondare il suo progetto di fargli adottare il suo figlio naturale, era venuta meno ai suoi doveri coniugali e aveva significamene contribuito alla predetta intollerabilitą.

La violenza fa scattare l'addebito nonostante l'altro coniuge sia venuto meno ai suoi doveri

Gli Ermellini, invece, ritengono di dover accogliere il ricorso della donna in quanto la Corte d'Appello, ai fini della verifica dell'addebitabilitą o meno meno della separazione al marito, avrebbe dovuto mantener fermi i fatti gią accertati ovvero le condotte violente e i maltrattamenti attuati dal marito.

La Cassazione rammenta che le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all'altro costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, esse sole, non soltanto la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilitą della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilitą all'autore di esse.

Ai fini dell'adozione delle relative pronunce, osserva il Collegio, il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione con il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravitą, sono comparabili solo con comportamenti omogenei (cfr. Cass. n. 3925/18; n. 7388/17; n. 4333/16).

Invece, la Corte d'appello ha omesso di considerare l'efficacia causale della condotta violenta del marito sulla crisi coniugale, effettuando un'erronea comparazione tra la condotta attribuita alla ricorrente e quella ascritta al marito, ritenendo che la crisi coniugale fosse stata innescata anche dal comportamento della ex moglie, venuta meno a sua volta ai doveri familiari.

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