Data: 16/12/2018 21:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Si parla tanto di pace nel mondo, ma gli interessi economici legati alle armi sembrano far dimenticare le sofferenze delle popolazioni in guerra e i principi sanciti dalle leggi fondamentali degli Stati e dalle Convenzioni Internazionali. Rattrista e delude che l'Italia, da un lato si dichiari contraria alla guerra come rimedio per risolvere le controversie e poi esporti armi, anche a paesi in guerra. Questo è quanto emerge dal report della Caritas, "Il peso delle armi", presentato il 10 dicembre a Roma, in occasione dell'Anniversario della Carta sui Diritti dell'Uomo. Un comportamento che contrasta non solo con la Costituzione, ma anche con la legge n. 185/1990 che vieta espressamente l'esportazione di armi a paesi in guerra.

Il rapporto Caritas sulle armi

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Il 70° anniversario della Carta delle Nazioni Unite sui Diritti dell'Uomo del 10 dicembre 2018 è stata l'occasione ideale per presentare lo studio "Il peso delle armi" (presentazione dello studio Caritas dicembre 2018/gennaio 2019) che analizza i conflitti "dimenticati", ovvero tutte quelle le guerre che, nonostante lo scarso rilievo mediatico, continuano ad affliggere molte popolazioni del mondo. Al progetto hanno collaborato, Caritas, Avvenire, Famiglia Cristiana e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca (MIUR). Come emerge dal titolo, quest'anno la ricerca si occupa di armamenti, analizzandone diversi aspetti:

  • quali sono i massimi paesi importatori ed esportatori;
  • se c'è un collegamento tra guerra e povertà e in che misura si manifesta;
  • in che modo le condizioni climatiche influenzano guerre e miseria;
  • qual è il grado di conoscenza e ignoranza dei conflitti "dimenticati".

L'Italia vende armi e ripudia la guerra

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Dal rapporto emerge purtroppo che la produzione e la vendita di armi sono in continuo aumento e che l'Italia, anche se nella misura del 2,5%, compare tra gli Stati che esportano armi nei paesi in cui sono in corso conflitti violenti: Yemen, Medio Oriente e Nord Africa. Una vendita deplorevole non solo dal punto di vista morale, ma anche giuridico. Ricordiamo infatti che la nostra Costituzione all'art. 11 proclama uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali."

L'Italia che vende armi ai paesi in guerra viola la legge n. 185/1990

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Principio, quello previsto dall'art. 11 della Costituzione, tradotto e ampliato dalla legge n. 185 del 1990, che detta "Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento", il cui art. 1 risulta immediatamente significativo nel suo contenuto: "L'esportazione, l'importazione (il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiale di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva) devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali."

Articolo che, al comma 6, vieta espressamente l'esportazione, ma anche il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiali di armamento "verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere".

Esportare armi a paesi in guerra: le "eccezioni"

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Ora, sarebbe il caso di capire se, la parte finale della norma, che prevede un'eccezione al divieto di esportare armi a paesi in guerra, per il rispetto degli obblighi internazionali, non possa essere interpretata in modo da legittimare un'attività che, a quanto pare, non lo sarebbe.

Procedendo nella lettura dell'articolo 1, il dubbio sembra più che legittimo, visto che il comma 9 prevede che sono escluse dalla disciplina della presente legge:

  • "a) le esportazioni temporanee effettuate direttamente per conto dell'Amministrazione dello Stato per la realizzazione di propri programmi di armamento ed equipaggiamento delle forze armate e di polizia;
  • b) le esportazioni o concessioni dirette (e i trasferimenti intracomunitari) da Stato a Stato, a fini di assistenza militare, in base ad accordi internazionali;
  • c) il transito di materiali di armamento e di equipaggiamento per i bisogni di forze dei Paesi alleati, secondo la definizione della Convenzione sullo Statuto delle Forze della NATO (…)."

Insomma guerra o no, esportare armi è legittimo? Nel dubbio, i più curiosi possono farsi un'idea delle dimensioni del fenomeno della esportazione delle armi leggendo la Relazione annuale al Parlamento 2018 (sotto allegata), obbligatoria ai sensi dell'art. 5 della legge n. 185/1990 "Sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento."


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