Data: 15/12/2018 17:00:00 - Autore: Marco Sicolo

Avv. Marco Sicolo - La materia della filiazione è stata profondamente modificata dalla riforma avvenuta con legge n. 219 del 2012 e con il successivo decreto attuativo n. 154/2013.

Filiazione, la riforma

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Il principale cambiamento rispetto alle precedente regolamentazione è rappresentato dal superamento di ogni distinzione nella disciplina tra filiazione legittima e naturale e, dunque, nella parificazione tra figli naturali e figli legittimi.

Lo stato giuridico dei figli

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L'attuale unicità dello status di figlio, sancita dall'art. 315 c.c., comporta che nel nuovo impianto normativo, anche a livello terminologico, si distingua solamente tra figli nati nel matrimonio e figli nati al di fuori di esso.

La disciplina, però, è identica, e oggi anche i figli che una volta sarebbero stati definiti adulterini, godono delle stesse prerogative dei figli nati nel matrimonio. In particolare, i figli nati fuori dal matrimonio instaurano un rapporto di parentela vero e proprio anche con i parenti del genitore, con tutto ciò che ne consegue sotto l'aspetto successorio.

Una delle conseguenze più rilevanti della parificazione di stato è la scomparsa dell'istituto della legittimazione, con cui in precedenza il figlio naturale poteva diventare legittimo.

Il riconoscimento del figlio

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Un altro aspetto innovativo della nuova disciplina dei rapporti di filiazione è dato dalla possibilità di riconoscere anche i figli incestuosi, nati cioè dalla relazione tra parenti o affini in linea retta o in linea collaterale fino al secondo grado.

Il nuovo art. 251 del codice civile dispone, infatti, che il tribunale possa autorizzare il riconoscimento del figlio incestuoso, tenuto conto dell'esclusivo interesse di quest'ultimo.

La possibilità di riconoscere il figlio adulterino, invece, era già stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia del 1975.

A norma dell'art. 250 c.c., il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio può essere effettuato in modo congiunto o separato dai genitori con 16 anni compiuti, nell'atto di nascita o con dichiarazione davanti a un ufficiale di stato civile. Se il figlio ha compiuto 14 anni, occorre anche il suo consenso.

La presunzione di paternità dopo la riforma

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La riforma della disciplina della filiazione del 2012 ha modificato anche le regole relative alla presunzione di paternità.

In base al nuovo art. 231 c.c., "il marito è padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio". Rispetto alla normativa previgente, dunque, la presunzione di paternità del marito opera anche nel caso in cui il figlio nasca entro i primi 180 giorni dal matrimonio (limite previsto dal precedente art. 233 c.c., ora abrogato).

Parimenti, l'ex marito è considerato padre del figlio che nasca entro 300 giorni dalla separazione (art. 232 c.c.).

La presunzione può essere in ogni caso superata attraverso l'esperimento dell'apposita azione di disconoscimento della paternità, esercitabile, a norma del nuovo art. 243-bis c.c., dal marito, dalla madre o dal figlio stesso.

Diritti e doveri dei figli

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La perentoria disposizione contenuta nell'art. 315 c.c. ("Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico") funge da trait d'union tra la disciplina della filiazione e quella relativa alla responsabilità genitoriale, contenuta negli artt. 316 ss.

A quest'ultima, fanno da contraltare i diritti e doveri del figlio, che, in base all'art. 315 bis c.c., ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, e al tempo stesso ha il dovere di rispettare i genitori e di contribuire, in relazione alle proprie capacità, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.


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