Data: 02/01/2019 15:00:00 - Autore: Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi - In generale, la conflittualità intrafamiliare giustifica il ritiro delle armi della persona interessata (pensiamo alla situazione concreta dove due persone, legate da un vincolo sentimentale e di coabitazione, finiscono per minacciarsi e querelarsi reciprocamente).
Questo accade perché i provvedimenti che vengono assunti dall'amministrazione hanno una finalità preventiva: si tratta di iniziative tendenti a prevenire i delitti che potrebbero nascere dalla disponibilità delle armi.
Quindi è legittimo il divieto di detenerle (e la revoca della licenza di porto d'armi) nel caso di conflittualità nei rapporti familiari, dove questi vengono inquinati da minacce, lesioni e querele.

Presupposti per il ritiro delle armi

Quello sopra illustrato in sintesi è il criterio generale.
Ultimamente, però, il Tar Firenze è intervenuto nella delicata materia con la sentenza n. 1658 del 19.12.2018, specificando che il principio di massima non può essere applicato sempre in modo meccanico ed acritico.
In pratica, con la pronuncia citata, il tribunale ha stabilito che non tutti gli episodi di separazione conflittuale sono tali per cui l'amministrazione deve sempre intervenire nel senso sopra indicato.
Evidente che ciascuna situazione è un caso a se, il che implica una valutazione degli elementi di fatto presenti nella fattispecie.
In altri termini: i presupposti per il ritiro delle armi in presenza di una conflittualità intrafamiliare possono variare e, quindi, ogni singolo caso va visto singolarmente.

Quali elementi di fatto si valutano

Abbiamo detto che ciascuna situazione concreta è una circostanza specifica, unica.
Gli elementi di fatto possono essere dunque differenti: ad esempio, bisogna capire se il titolare delle armi è o meno autore di minacce effettive, oppure di atti violenti.
Inoltre è opportuno indagare sulla reale esistenza di una situazione conflittuale tale da erodere l'affidabilità dell'interessato nel corretto utilizzo delle armi.
Ragionando diversamente, dice l'avveduto tribunale, tutte le separazioni coniugali dovrebbero sempre far scattare l'inibizione dell'uso delle armi, dal momento che la separazione implica sempre un certo grado di tensione e conflittualità.
Per far si che questo epilogo irragionevole venga evitato, ecco che scatta la necessità di un'indagine nel concreto di ogni situazione, sempre con il fine ultimo di appurare se la litigiosità coniugale è indice di inaffidabilità dell'interessato nell'uso delle armi.
Un minimo di attenzione e di accuratezza valutativa da parte dell'amministrazione dell'interno, conduce certamente ad una decisione ponderata e coerente con la finalità preventiva.

In pratica

Tutte le volte in cui la persona interessata si trova di fronte ad un divieto detenzione armi frutto di un'indagine superficiale della vicenda familiare, il consiglio che si può dare è di presentare il ricorso amministrativo mettendo in luce, ad esempio, la falsità di una denuncia querela, oppure l'inesistenza di comportamenti violenti del ricorrente.
Per restare sul caso commentato, il Tar ha annullato il divieto di detenzione armi emesso dalla Prefettura.

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