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Data: 13/01/2019 16:50:00 - Autore: Alessandro Simone Favosi
di Alessandro Simone Favosi - La riforma della legittima difesa in discussione non tratta solo dell'articolo 52 c.p., essa mira a modificare tutta una serie di istituti che ruotano intorno alla tutela del domicilio, ma mentre le innovazioni in merito agli articoli 614 c.p., 624 bis c.p. e 628 c.p. trattano esclusivamente di un inasprimento della pena, nel caso della legittima difesa si mira a stravolgere la ratio intrinseca dell'istituto.
La riforma della legittima difesa[Torna su]
Questo lo si può sostenere guardando alcune delle proposte legislative che hanno ispirato la riforma. In particolar modo, risulta rilevante la proposta di legge 563/2018 nella quale, tra le varie modifiche, è da notare come nella rubrica dell'articolo 1 si parlasse non più di "legittima difesa", quanto di "diritto di difesa". Sintomo di come in tali casi l'istituto pendesse verso un'ottica punitiva nei confronti dell'aggressore, allontanandosi così dal precetto del bilanciamento di interessi. Questo è il pensiero ispiratore alla base dell'articolo 1 della attuale riforma, articolo che nella mente del legislatore vorrebbe proporre: una presunzione assoluta del principio di proporzionalità nel comma 2 di cui all'articolo 52 c.p. aggiungendo dopo la parola "sussiste" la seguente "sempre"; e l'introduzione di un novello comma 4 dove ad essere presunto sarebbe tutto l'istituto della legittima difesa, in quanto come disciplinato: «Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone». Leggi anche: - Legittima difesa: in arrivo il gratuito patrocinio - Difesa sempre legittima: ok del Senato alla riforma Corte di Strasburgo e articolo 2 Cedu[Torna su]
Si dimostra come la giurisprudenza e la dottrina italiana avranno tutte le possibilità per poter respingere nuovamente queste pretese e in particolare grazie a quanto disciplinato dalla Cedu; la Convenzione, infatti, tratta del diritto alla vita nel suo articolo 2. Come è possibile notare, la Convenzione europea ha deciso di esaltare tale principio ponendolo come cardine del suo sistema. Questo lo si può affermare grazie alle sentenze della Corte che trattano di tale argomento, in particolare i celebri casi: "McCann e altri contro Regno Unito" o "Giuliani e Gaggio contro Italia". Nella prima sentenza, al punto 146, si sostiene esplicitamente come l'approccio della Corte, per ciò che concerne l'interpretazione dell'articolo 2, deve essere guidata dalla consapevolezza che l'oggetto e lo scopo della Convenzione è l'essere utilizzata come strumento per la protezione dei singoli esseri umani, ed è necessario che le sue disposizioni siano interpretate e applicate in modo da rendere le sue garanzie pratiche ed efficaci. Mentre nella famigerata sentenza Giuliani, al punto 174, si sostiene come la Corte ribadisce che l'articolo 2 costituisce una delle disposizioni fondamentali della Convenzione e che, unitamente all'articolo 3, sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche che costituiscono il Consiglio d'Europa. Concetto, questo, ribadito a più riprese come nella più recente "Talpis contro Italia". Il termine "assolutamente necessario" a cui è legata la possibilità di ledere un altrui diritto alla vita viene, altresì, interpretato in modo ampio ricomprendendone al suo interno anche il requisito della proporzione, in modo tale che non solo venga predisposta da parte dello Stato una tutela di ordine formale e legislativo, ma anche e soprattutto una tutela di ordine pratico e processuale. Tale principio lo si ritrova in diverse sentenze della Corte di Strasburgo, come, ad esempio, nella recentissima "Gulyan contro Armenia", in essa si rinviene che la prima frase dell'articolo 2 impone allo Stato non solo di astenersi dall'assunzione intenzionale e illecita della vita, ma anche di adottare le misure appropriate nell'ambito del proprio ordinamento giuridico interno per salvaguardare la vita di coloro che rientrano nella sua giurisdizione. Così come ribadito nella sentenza "Mastromatteo contro Italia", nella quale si aggiunge: al punto 67, che l'obbligo dello Stato va al di là del suo dovere primario di garantire il diritto alla vita, introducendo efficaci disposizioni di diritto penale per dissuadere la commissione di reati contro la persona e poggiando su di un meccanismo di applicazione della legge diretto alla prevenzione e alla repressione delle violazioni di tali disposizioni; e al punto 89 la Corte ribadisce che gli obblighi positivi stabiliti nella prima frase dell'articolo 2 della Convenzione esigono implicitamente anche il fatto che si debba creare un sistema giudiziario efficiente ed indipendente che consenta di stabilire la causa di un omicidio e di punire i colpevoli. Per concludere l'aspetto normativo e interpretativo dell'articolo 2 della Convenzione, non si può dimenticare di come il requisito "dell'assoluta necessità", secondo la giurisprudenza europea, consideri come fondamentale e indispensabile il requisito della proporzionalità. Su tutte si ricordi la sentenza "Alikaj contro Italia", nella quale si sottolinea come qualsiasi uso della forza deve essere reso "assolutamente necessario", ossia deve essere strettamente proporzionato nelle circostanze. Il diritto alla vita assume un carattere fondamentale, le condizioni nelle quali può essere legittimo infliggere la morte richiedono una interpretazione restrittiva. Il requisito della proporzione, infatti, benché venga messo in discussione da diversi ordinamenti, viene ad essere riletto e ricondotto sotto l'ottica del diritto internazionale ed in particolar modo delle normative contenute nella Cedu. La legittima difesa nel codice penale tedesco[Torna su]
Del rapporto imprescindibile che intercorre tra il requisito della proporzione e tra le cause di giustificazione si possono ancora tracciare dei parallelismi sia tramite gli ordinamenti penali stranieri, sia tramite dei casi specifici nel nostro ordinamento penale. Si veda come primo caso il codice penale tedesco. In esso il § 32 St.G.B. disciplina il caso della Nowerh. Dalla lettura di tale normativa pare chiaro come l'elemento della proporzionalità sia addirittura assente, questo è dovuto ad una visione particolarmente punitiva nei confronti dell'aggressore, ma nonostante questo tale requisito viene formalmente rintracciato valorizzando il termine "geboten" traducibile come "imposto" o "necessario". Ciò permette di evitare che si creino situazioni paradossali ove la sproporzione sia particolarmente manifesta e ciò viene sostenuto, nonostante un particolare "attenzione" della dottrina tedesca nei confronti della normativa europea, proprio grazie alla Cedu e al suo articolo 2 comma 2. La legittima difesa nel codice penale francese[Torna su]
Altro esempio è il caso espresso dal codice penale francese. Esso tratta della legittima difesa nel suo articolo 122-5 disciplinando un sistema normativo non dissimile dal nostro comma 1 dell'articolo 52 c.p.. La normativa trova il suo completamento, infine, nell'articolo 122-6, normativa molto simile alle modifiche contenute nella riforma alla sua lettera c). Infatti nel code pénal si presume che agisca in stato di legittima difesa colui che compie un atto volto a respingere, in tempo di notte, l'ingresso mediante effrazione, violenza o inganno, in un luogo abitato; o alternativamente per difendersi contro gli autori di furti o saccheggi, eseguiti con violenza. Si noti subito come tale normativa sia stata presa come spunto principale per la proposta di riforma, tanto da essere indicata a più riprese dal legislatore come modello di riferimento. Come risulta chiaro, però, non si tratta per la dottrina e la giurisprudenza francese di una presunzione assoluta. La presunzione opera, per giurisprudenza e dottrina unanimemente schierata, come presunzione relativa, con la quale l'accusato sarà esente dall'onere della prova, ma non sarà esente da sanzione nel momento in cui l'accusa riesca nell'impresa di provare le sue mancanze. La proporzione nell'articolo 53 del codice penale[Torna su]
Come ultimo riferimento normativo per comprendere come il requisito della proporzionalità non possa mancare o essere mai presunto in modo assoluto si prenda in considerazione l'articolo 53 c.p.. In esso, a livello interpretativo, si prevede che il pubblico ufficiale incaricato di impedire un delitto, per esempio, non possa abusare della sua posizione ed uccidere l'eventuale l'avventore con cui si sta scontrando. Egli tuttavia avrà l'obbligo di usare la sua arma in dotazione senza eccedere nella condotta preposta, garantendo la sicurezza del delinquente. La dottrina e la giurisprudenza in tali casi sono arrivate ad applicare la normativa in modo veramente restrittivo, sostenendo come l'uso dell'arma da fuoco da parte del pubblico ufficiale debba essere ispirato pienamente nei confronti del principio di proporzionalità, anche se quest'ultimo non risulta dal dettato normativo dell'articolo 53, confermando ancora una volta l'impossibilità di fare a meno di tale requisito quanto mai necessario. |
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