Data: 19/01/2019 15:30:00 - Autore: emanuela coronica

di Emanuela Coronica - Da anni il sistema giudiziario italiano fa i conti con notevoli criticità. Parlare della giustizia nel nostro Paese è come parlare di un paradosso.
All'Italia spetta il primato della giustizia più lenta d'Europa e, questo, non è un dato di cui andare particolarmente orgogliosi soprattutto se si considera che il nostro Paese è da sempre considerato la patria del diritto. Una storia che parte dalla tradizione del diritto romano che ha imposto il diritto comune in tutta Europa e nel resto del mondo, passando per le nostre università fino al contributo che eminenti giuristi hanno dato al diritto moderno e contemporaneo. Basti pensare a Cesare Beccaria e al suo "Dei delitti e delle pene, considerato una pietra miliare del garantismo.
Il sistema giudiziario italiano è lento a causa della farraginosità delle procedure e della cattiva amministrazione delle risorse, spesso scarse. Tra le cause più evidenti delle lungaggini processuali c'è sicuramente la carenza di personale che riguarda tanto la giustizia civile quanto quella penale. In un recente intervento su Giustizia Newsonline, quotidiano del Ministero della Giustizia, il Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Francesco Minisci, ha sottolineato con forza le criticità del settore civile, a cominciare da quello dell'arretrato dei procedimenti mentre, per il processo penale, l'esigenza è quella di intervenire in maniera più complessiva sul sistema processuale. Sono necessari tanti interventi strutturali che agiscano sui tempi morti della giustizia, snellendo le procedure ed accelerando i tempi dei procedimenti.


I costi per i cittadini

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Una giustizia lenta è anche una giustizia costosa per cittadini ed imprese dal momento che essa non si erge solo a presidio di legalità ma anche ad asset fondamentale per l'economia di un Paese.
Già nel 2011 Confindustria aveva stimato che tagliando del 10%, la durata dei procedimenti giudiziari ci sarebbe stato un aumento di circa lo 0,3% della dimensione media delle imprese.
Di tono non molto diverso sono i dati della Commissione europea per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa (CEPEJ).
Il sistema giudiziario italiano, in rapporto ad altri 45 impianti europei tra i quali Francia, Germania, Spagna e Polonia, risulta uno degli apparati più dispendiosi e lenti.
Nonostante ciò la giustizia italiana, oggi, non può certo dire di godere di buona salute.
Il costo totale della giustizia italiana è di quasi 8 miliardi di euro per il 2016, pari a circa lo 0,4% del PIL (2015), mentre Paesi come la Polonia e la Spagna si attestano a costi che variano dai 2 ai 5 miliardi. A fronte di tale spesa, l'Italia si posiziona comunque tra i Paesi meno efficienti anche in termini di giusto processo tanto che Il Consiglio d'Europa e la Corte dei Diritti Umani hanno più volte invitato l'Italia ad "assicurare una ragionevole durata dei procedimenti".
I processi ordinari in primo grado, infatti, superano i 500 giorni e collocano l'Italia al 157esimo posto su 183 Stati presi in considerazione.

I tempi della giustizia

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La condizione del nostro sistema giudiziario è stata, altresì, oggetto di uno studio presentato nel corso della 44° edizione del Forum Ambrosetti che si è svolto a Cernobbio dal 7 al 9 settembre. L'Italia, da alcuni anni, è tra i Paesi migliori in Europa per l'efficienza dei tribunali, ovvero per la capacità di questi ultimi di smaltire l'arretrato ma tra i peggiori per tempo di risoluzione delle cause.
Il nostro Paese è quello con i tempi più lunghi per la definizione di un procedimento civile. Tale lentezza si evidenzia per ogni grado di giudizio: 249 giorni per il primo grado, 604 per il secondo e 890 per il terzo. L'arretrato accumulato nel tempo è una delle peggiori cause: nel 2017, le pendenze nel civile e nel commerciale con contenzioso ogni 100.000 abitanti erano circa 4000. La conseguenza è che gran parte del nostro sistema giudiziario non rispetta quegli stessi limiti imposti dalla legge. Per migliorare il sistema giudiziario italiano lo studio redatto dal Forum Ambrosetti propone un incremento degli strumenti di valutazione della performance dei Tribunali e dei Magistrati, criteri manageriali nella gestione ed organizzazione dei Tribunali, misure e buone pratiche organizzative e corsi di management ed organizzazione con adeguati criteri e strumenti di valutazione.
La lentezza e la dispendiosità della giustizia si ripercuotono anche sull'andamento di piccole e medie imprese.
Da un recente sondaggio Swg risulta che, secondo gli imprenditori italiani, il nostro sistema giudiziario ha effetti negativi sul 65% delle piccole imprese e sul 53% della grandi aziende. Il 93% ritiene che farraginosità e la lentezza della macchina giudiziaria abbia delle ricadute negative sulla nostra economia.

Investimenti necessari

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Secondo la graduatoria stilata dalla Banca Mondiale, invece, si stima che rendere la giustizia più veloce, porterebbe dei benefici proprio in termini di investimenti derivanti dalle imprese. Infatti, sono circa 3 miliardi gli euro che vengono spesi dalle imprese per spese legali e/o amministrative per contenziosi lavorativi.
Anche secondo Eurostat il nostro sistema giudiziario necessita di maggiori investimenti.
L'Ufficio Statistico della Comunità Europea ha raccolto i dati inerenti agli investimenti nel settore giustizia degli Stati europei ed ha stilato la classifica dei Paesi più virtuosi. Il confronto si basa sulla spesa complessiva per la giustizia che lo Stato sostiene per ogni singolo cittadino. Il dato italiano ammonta a 93,6 euro per abitante ed è al di sotto della media europea.
I Paesi più virtuosi, che investono di più nel settore giudiziario sono il Lussemburgo, con 202 euro per abitante, seguito da Germania con 155 euro, Svezia con 128, Irlanda con 124, Austria con 116 euro, i Paesi Bassi con 112, il Belgio con 100 euro per abitante e la Slovenia con 96.
Le considerazioni del Presidente dell' Anm si coniugano perfettamente con i dati statistici che testimoniano le condizioni precarie della giustizia italiana.

La carenza di personale

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Certamente, una delle principali criticità del sistema giudiziario italiano è la carenza di personale.
Sia per il processo penale che per il processo civile è fondamentale partire dal rafforzamento dell'informatica, dalla copertura delle piante organiche di magistrati e personale amministrativo. Mancano assistenti ed operatori giudiziari, commessi e ausiliari.
In particolare, la figura dell'assistente giudiziario, rappresenta una figura centrale nel l'amministrazione della giustizia ed è considerata la fonte principale dell'attività di una cancelleria poiché l'assistente giudiziario è soprattutto colui che assiste il magistrato in udienza. Dunque, per rimettere in piedi la giustizia, la necessità è quella di assumere personale per coprire i vuoti di organico nelle cancellerie degli uffici giudiziari, a partire dal reclutamento dei 1860 idonei all'ultimo concorso per assistente giudiziario.
II Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dal giorno del suo insediamento in Via Arenula ha sempre sostenuto l'esigenza di una giustizia diffusa sul territorio, vicina ai cittadini e volta a tutelare i loro diritti ed, in quanto ad investimenti, ha dichiarato in più occasioni lo stanziamento di 500 milioni di euro per riformare la macchina della giustizia.
L'approvazione della Legge Anticorruzione, fortemente voluta dal Guardasigilli, contiene la riforma della prescrizione che lo stesso Bonafede ritiene saldamente ancorata ad un piano di assunzioni ambizioso.
Una riforma, dunque, che dovrebbe passare soprattutto attraverso l'assunzione di magistrati e personale amministrativo come, da tempo, chiedono a gran voce i vertici di tutte le istituzioni giudiziarie ma anche tribunali, Corti d'Appello, Consigli degli Ordini degli Avvocati e Consiglio Nazionale Forense.
La giustizia italiana, una delle più lente e costose in Europa, non può più permettersi di aspettare così a lungo per ripartire. È necessario evitare che le già pesanti ripercussioni sull'operato di magistrati, avvocati e di tutti gli operatori del diritto continuino a generare ostacoli e lentezze di ogni genere non riuscendo a garantire i livelli essenziali di assistenza.


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