Data: 20/01/2019 07:30:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Accogliere a casa propria molti gatti, seppur per amore nei confronti degli animali, può costare una condanna in sede penale qualora gli animali siano detenuti con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, in ragione delle condizioni di sovraffollamento e delle pessime condizioni di igiene dei luoghi.

In base a tali presupposti, la terza sezione penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 1510/2019 (qui sotto allegata), ha confermato la condanna nei confronti di una donna, responsabile del reato di cui all'art. 727 del codice penale per aver detenuto presso il proprio appartamento di abitazione ben 33 gatti con modalità ritenute incompatibili con la loro natura.

Il caso

La donna, impugnando la decisione di condanna, lamenta che il giudice a quo abbia tratto dalle condizioni ambientali in cui erano tenuti gli animali, attraverso una sorta di automatismo argomentativo, la sussistenza di sofferenze a carico degli animali, senza invece accertare la sussistenza di un effettivo nocumento sofferto dagli stessi, anche nella forma del semplice patimento, né la gravità delle sofferenze.

Ancora, secondo la ricorrente, dalle risultanze istruttorie erano emerse circostanze che comprovavano cura e attenzione nei confronti degli animali, ad esempio allegazioni fotografiche ritraenti gli animali in epoca precedente l'accertamento, la documentazione sanitarie dei gatti, fatture di acquisto del cibo differenziato anche per età degli animali.

Ancora, il giudice non avrebbe adeguatamente valutato la consulenza tecnica di un veterinario le cui risultanze consentivano di affermare che le patologie riscontrate negli animali potevano essersi successivamente manifestate per ragioni diverse da negligenza nella cura o sovraffollamento.

Rischia una condanna penale chi vive con 33 gatti in casa

Per gli Ermellini si tratta di contestazioni che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di Cassazione.

Senza pregio, inoltre, anche la contestazione della donna sulla disposta confisca: secondo la ricorrente, non era stata valutata l'intervenuta modifica della originaria situazione di fatto dell'appartamento, che, successivamente ai fatti, era stato oggetto di intervento di risanamento.

I giudici, invece, richiamando un condivisibile precedente (Cass., n. 18167/2017), evidenziano che la detenzione di animali integrante la fattispecie di cui all'art. 727 c.p., costituendo reato (sia pure contravvenzionale), rientra nell'ipotesi di cui all'art. 240 comma 2 n. 2 del codice penale, in base al quale, come è noto, deve sempre essere ordinata la confisca delle cose, la detenzione delle quali costituisca reato, a meno che esse non appartengano a persone estranee al reato.

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