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Data: 09/02/2019 17:00:00 - Autore: Marino Maglietta di Marino Maglietta – La Commissione Giustizia del Senato, come è noto, ha deciso di dedicare diversi mesi all'ascolto di un insolito numero di soggetti, in modo da non assumere decisioni sull'affidamento condiviso senza avere dato la parola praticamente a tutti gli interessati. Tra questi i rappresentanti del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP), già audito sul medesimo tema nella XVI Legislatura (esattamente nel 2011), che presumibilmente avrebbero confermato la precedente brillante esposizione. Viceversa, leggendo con attenzione la relazione depositata (una esposizione orale, magari pronunciata a braccio, può anche avere qualche scompenso) si rimane sorpresi e colpiti dalla quantità e rilevanza delle aporie ivi contenute. Già l'elenco dei ddl esaminati lascia perplessi. Infatti il CNOP afferma di intervenire "nell'ambito dell'esame dei ddl n. 45, 118, 735 e 837". Ovvero omette il ddl 768. E non è una dimenticanza da poco, perché il ddl 768 è l'unico di diversa ispirazione, una voce fuori dal coro rispetto agli altri abbinati come impianto e filosofia. Non solo: è esattamente la filiazione diretta del ddl 957 sul quale si era espresso favorevolmente lo stesso CNOP in precedenza. Si potrebbe, quindi, pensare in un primo momento che non sia stato considerato proprio per non smentire o contraddire le precedenti posizioni. Purtroppo così non è. Anzitutto l'intera relazione esamina solo il ddl 735; stranamente, visto che il CNOP era stato invitato a pronunciarsi su tutte le proposte. In secondo luogo, in tutta le relazione ripetutamente vengono lamentate le invasioni di campo di altre professionalità e con passione e veemenza si sottolinea la necessità di mantenere ben separate le acque territoriali. E tuttavia non si fa altro che esprimere, da psicologi, pareri e giudizi di natura giuridica. Ora, chi scrive concorda sull'opportunità di evitare sconfinamenti, ma solo sulla base della competenza, non del titolo formale (ovvero del "pezzo di carta"). Ovvero, ognuno può pronunciarsi su qualsiasi argomento: basta che l'abbia studiato. Altrimenti è meglio che taccia. Ed è proprio negli aspetti sostanziali che il CNOP cade pesantemente. Della lamentata limitazione del potere discrezionale del giudice – ovviamente rispetto alla legge in vigore – nel ddl 735 non c'è traccia. I tempi della frequentazione possono essere paritetici, ma anche equipollenti, secondo criteri di equivalenza rimessi interamente al giudice. La definizione temporale dei contatti oggi impone che il rapporto sia "equilibrato e continuativo" (che non lo si faccia è altro discorso) mentre la norma futura legittimerebbe lo squilibrio, 12 giorni al mese contro 18. E anche questi 12 derogabili, e secondo valutazioni del tutto opinabili, un'altra volta rimesse al giudice, su "trascuratezza", "indisponibilità", "inadeguatezza" e simili, concetti che nulla hanno di giuridico e tanto meno di definito. Né è condivisibile la tesi che "solo il provvedimento del Giudice può autorizzare i coniugi a vivere separatamente ", con il quale si intende smontare il dovere di informarsi sulle potenzialità di un eventuale percorso di mediazione con un preliminare incontro gratuito, l'unico obbligatorio. Basta rammentare l'art. 146 c.c. secondo il quale "La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare." E qui è d'obbligo osservare la totale confusione che fa il CNOP tra il concetto di domicilio e quello di residenza; confusione che invalida tutte le considerazioni svolte sul punto. Né, purtroppo, le cose sembrano migliorare quando si passa agli aspetti prettamente psicologici e relazionali, ovvero alla critica al modello di pari responsabilità e pari presenza dei genitori nella vita dei figli. E' da sottolineare immediatamente che, pur essendo per contenuti, strategia e tecnica legislativa il ddl 735 radicalmente diverso dal precedente 957, gli obiettivi dichiarati – esattamente quelli che il CNOP oggi boccia – sono i medesimi, gli stessi contenuti nel titolo e nel Contratto di governo. Per cui nell'esprimere un giudizio opposto al proprio precedente il CNOP non poteva esimersi dal confronto, dallo spiegare il perché di questa capriola. Viceversa, apoditticamente si afferma che "Il luogo prevalente di vita del minore, soprattutto in età infantile, deve essere uno ed uno solo, unico e privilegiato", senza spiegare come si sia potuto capovolgere la propria precedente tesi che dichiarava "la totale inidoneità al fine della salute dei figli di un modello che preveda che un solo genitore (quello collocatario o prevalente) sia il permanente punto di riferimento dei figli", costringendo il Parlamento a tentare una plausibile interpretazione. In questo senso, già salta agli occhi nella versione odierna la curiosa contemporanea, ma incompatibile, connotazione del medesimo luogo come "prevalente", o privilegiato", ovvero "unico". Né convince il tentativo di puntellare la tesi con citazioni dalla letteratura, che invocano tre studi, tra i quali abbastanza goffamente, anche uno di Linda Nielsen, che perfino a chi sia privo di specifiche competenze risulta su posizioni opposte a quelle del CNOP*. Resta il fatto, comunque, che neppure una parola viene spesa per contestare tutti quelli di segno contrario, tra i quali chi scrive rammenta (non facendone sue le tesi, ma per dovere di indagine bibliografica) quanto meno i seguenti diciannove: Abarbanel 1979; Steinman 1981; Underwood 1989; Luepnitz 1986; Neugebauer 1989; Smart et al. 2001; Poussin, 1999; Bauserman, 2002; Luecken, 2003; Fabricius, 2007; Melli & Brown 2008; Haugen 2010; Luftensteiner 2010, Bjarnason et al. 2012; Bergström 2012; Suenderhauf 2013; Nielsen 2014; Framsson 2017; Warshak 2018. A questo punto, lasciando agli specialisti il dibattito tecnico psicologico sulla salute, non si può non avanzare riserve sulla conclusione stessa della relazione del CNOP, quando denuncia "la maggiore criticità riscontrata": "il provvedimento sembra mirare più alla soluzione dei conflitti tra i genitori, piuttosto che tutelare il benessere del minore". Dove chi scrive non scorge alcuna contraddizione o incompatibilità, essendo la guerra tra i genitori il principale motivo di sofferenza per i figli. Basta chiederlo agli interessati. * La studiosa Linda Nielsen, della Wake Forest University, ha, peraltro, diffidato il CNOP per avere mistificato il suo pensiero e i suoi studi con una lettera inviata anche al Senato. Di seguito il testo della diffida: "It has come to my attention that my paper (Shared residential custody: Review of research, Am J Family Law) is being cited as evidence that shared physical custody is not in the best interests of children under the age of three. First, this particular paper does not make any comments at all about the outcomes for children in shared physical custody (attached). It is clear that whoever wrote this statement about my paper did not read the paper. Second, in all of the papers where I have presented the outcomes for children (see attached), children under the age of three in shared physical custody have equal to better outcomes than those in sole physical custody. The person or persons who made these false statements about my paper need to write an immediate retraction to the committee. Their retraction should state: "We were completely incorrect in citing Nielsen's paper as evidence against shared physical custody. She made no such comments in that paper. In all of Nielsen's reviews of the research, even young children have equal to better outcomes in shared physical custody than in sole physical custody. We sincerely apologize to Dr. Nielsen and to the committee for having made this major error. I want this statement sent to me as well, so that I am assured that the correction has been made" Dr. Linda Nielsen Professor of Adolescent & Educational Psychology Box 7266 Winston Salem, NC 27109 |
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