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Data: 14/02/2019 10:00:00 - Autore: Elisabetta Roli Avv. Elisabetta Roli - Come noto, l'art. 649 c.p.p. sancisce il divieto di un secondo giudizio, ma quid iuris se il precedente procedimento, per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona, sia stato definito con provvedimento certo, autorevole e stabile ma...non irrevocabile?
Art. 649 c.p.p., analisi della norma[Torna su]
Ai sensi della citata disposizione, "l'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto […] e, se ciò nonostante viene di nuovo iniziato il procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo". Nell'ipotesi di provvedimenti passati in giudicato, nulla quaestio: il principio del ne bis in idem emerge chiaramente dalla citata disposizione. Se, tuttavia, è vero che la lettera della norma pone in correlazione lo sbarramento di un secondo giudizio con quei provvedimenti che siano passati in giudicato, la realtà processuale ci pone dinanzi ad interrogativi qualora la vicenda penale abbia trovato compimento con statuizioni non suscettibili di carattere tassativamente ed irrimediabilmente irrevocabile alla stregua della lettera della norma quali, in particolare, la sentenza di non luogo a procedere resa ex art. 425 c.p.p. ed il decreto di archiviazione ex art. 409 c.p.p. A favore dell'estensione dell'operatività del divieto di cui all'art. 649 c.p.p. anche in caso di precedente pronuncia delle prefate tipologie di provvedimento milita, invero, l'esigenza di certezza del diritto, al fine di rivestire della nota di intangibilità le statuizioni degli organi giurisdizionali. E', invero, da valorizzare l'esistenza di un principio generale, sotteso all'intero ordinamento giuridico e rispondente alle esigenze di funzionalità e razionalità del sistema, che vieta la reiterazione dei procedimenti sulla medesima regiudicanda (idem factum et eadem persona). L'orientamento della giurisprudenza e le linee guida del giudice delle leggi[Torna su]
In quest'ottica tanto le Sezioni Unite della Suprema Corte, quanto la Corte Costituzionale hanno ritenuto che il cosiddetto ne bis in idem operi altresì nel caso di provvedimenti decisori dotati di una più limitata forza preclusiva, quali il decreto di archiviazione seguito da riapertura delle indagini in mancanza dell'autorizzazione del giudice prevista dall'art.414 c.p.p. (si vedano Cass. Pen. S.U. 22.3.00, Finocchiaro; C.cost., 19.1.95 n.27; C.cost. 17.6.97 n.206) e qualora il secondo giudizio abbia luogo nella medesima sede giudiziaria del primo (Cass.pen., S.U., n.34655/05; sul carattere "definitivo" del decreto di archiviazione si veda, peraltro, altresì Cass.pen., n.11734/06). Ciò risponde non solo all'astratta esigenza di razionalità del sistema, ma soprattutto alla finalità di tutela del diritto dell'imputato a non essere sottoposto a più processi per il medesimo fatto, costituendo peraltro un'imprescindibile condizione per la salvaguardia dei diritti dell'individuo. Ecco che, allora, il principio del ne bis in idem sostanziale trova riconoscimento nell'art.4 del Protocollo VII della CEDU: "[...] nessuno potrà essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un'infrazione per cui è già stato scagionato o condannato a seguito di una sentenza definitiva conforme alla legge ed alla procedura penale di tale Stato", ed analogamente si imposta la normativa in ambito UE, tanto all'art. 50 della Carta di Nizza – che sancisce il diritto a non essere perseguito per lo stesso reato per il quale è già intervenuta nellUnione una sentenza penale definitiva, conforme alla legge – quanto all'art.54 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen (CAAS), che prevede che una "persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un'altra Parte contraente [...]". A nulla rilevando il termine "sentenza definitiva" quale eventuale ostacolo all'applicazione dell'esposto principio anche a provvedimenti decisori diversi, quali il decreto di archiviazione, essendo tale locuzione utilizzata alla stregua di sinonimo di decisione giudiziale caratterizzata da un certo grado di stabilità ed idonea pertanto a porre uno sbarramento a nuovi procedimenti penali per i medesimi fatti nello Stato in cui è stata emessa. Che il decreto di archiviazione rientri, peraltro, nel novero dei provvedimenti definitivi, lo conferma altresì la Cassazione civile, 18.5.06, n.11734, a fronte della mancata previsione di mezzi di impugnazione esperendi entro termini determinati, pur nella possibilità di una successiva riapertura delle indagini in ipotesi di sopravvenute esigenze investigative. E questo qualora, ritornando all'ambito europeo, il procedimento penale definitosi con decreto di archiviazione sia stato oggetto di indagini complete ed approfondite (così, Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 29.6.16 C-486/14, Piotr Kossowki). Analoga conclusione deve essere tratta in merito alla sentenza di non luogo a non procedere ex art. 425 c.p.p., altresì da ritenersi statuizione preclusiva di un nuovo procedimento per lo stesso fatto alla luce della centralità nel nostro ordinamento giuridico del principio del ne bis in idem, parimenti considerato quale fulcro dell'ordinamento eurounitario ed internazionale cui lo Stato italiano aderisce. Come sovente accade, pertanto, non è all'applicazione letterale delle locuzioni contenute nella norma cui si deve avere riguardo, bensì alla sua complessiva e più ampia portata nonché alla ratio sottesa alla disposizione medesima quale criterio dirimente di contrasti ed interrogativi giuridici. |
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