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Data: 17/02/2019 15:30:00 - Autore: Gabriella Lax di Gabriella Lax –Se finora si era parlato di "fuga di cervelli", alludendo ai tanti giovani costretti a lasciare l'Italia per trovare migliori fortune lavorative altrove, il nuovo trend è rappresentato dalla fuga dei pensionati che abbandonano il Paese e vanno a vivere in un posto in cui le pensioni sono tassate molto men che in patria. E i motivi sono chiaramente spiegati.
Pensioni e tasse all'estero[Torna su]
Vivere all'estero da pensionati conviene se si pensa che un pensionato pagherà le tasse nello Stato di residenza, anche per le pensioni percepite a fronte di attività diverse rispetto a quelle da lavoro dipendente. A chiarirlo, come spiega il Sole 24 ore, è la risposta all'interpello n. 35, da parte dell'Agenzia delle entrate in relazione a quesiti riguardanti la fuga all'estero dei pensionati e la concorrenza fiscale tra gli stati. Cinque le risposte ai quesiti fornite sul tema dall'Agenzia: tre riguardano il regime dei «rimpatriati» (articolo 16, commi 1 e 2 Dlgs n. 147/2015) e due i regimi stabiliti dai trattati a favore dei pensionati. Regimi applicabili ai pensionati[Torna su]
Nel primo caso, con la risposta n. 32 si chiarisce il divieto di applicabilità del regime per il rimpatrio dei cervelli (comma 2) ad un lavoratore che, nel periodo precedente al rimpatrio in Italia, aveva sì trascorso all'estero un periodo complessivamente superiore a due anni, ma alternando un periodo di studio ad un altro di lavoro, senza dunque integrare – per nessuno di essi considerato singolarmente– il requisito della continuità biennale. Positiva la risposta n.36 che evidenzia il principio secondo il quale i requisiti della residenza estera e della continuità almeno biennale dell'attività, non devono per forza coincidere sul piano temporale. In particolare, prima di tornare in Italia nel 2019, la lavoratrice (nel caso di specie) aveva svolto attività di lavoro all'estero dal 2013 al 3 ottobre 2017, ma risultava fiscalmente residente all'estero solo dal 2016. Sempre positiva la risposta n. 34 che si occupa del regime dei lavoratori rimpatriati (comma 1) e illustra la fattispecie di un lavoratore rimpatriato in data 20 luglio 2018, per il quale è confermata la fruibilità dal regime, ma solo a partire dal primo anno di residenza fiscale in Italia, vale a dire dal 2019, e non anche per i mesi di lavoro da luglio a dicembre 2018. Fiscalità pensionati esteri[Torna su]
Le due ulteriori risposte vertono sulla fiscalità dei pensionati residenti fiscalmente in uno Stato ma percettori di pensione di fonte estera. La prima (n. 35), riguarda il caso del pensionato italiano trasferito in Portogallo, evidenzia come le pensioni percepite a fronte di attività diverse da quelle di lavoro dipendente sono sempre tassate nello Stato di residenza, qualunque sia la provenienza. Ai fini del trattato, si qualificano infatti come «altri redditi» ex articolo 21, e non come «redditi di pensione» ex articolo 18, limitato ai solo dipendenti. Per proseguire, l'indennità di fine rapporto percepita dall'agente si qualifica ai fini italiani come reddito di lavoro autonomo e come tale rientra nell'ambito dell'articolo 14 del trattato: pertanto, la stessa va in ogni caso tassata in Italia, per la quota maturata negli anni in cui il lavoratore era ivi residente, mentre la quota residua può essere tassata in Italia solo se attribuibile ad una base fissa ivi situata. In ultimo, a risposta n. 40, tratta della «New State Pension», percepita nel Regno Unito da un residente in Italia. In questo caso andrà trattata come una «pensione di Stato» e non è assimilabile ad una forma di previdenza complementare, anche se in parte alimentata da versamenti di natura volontaria. Dunque va integralmente tassata in Italia, a prescindere dalla mancata deduzione dei contributi a suo tempo versati. |
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