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Data: 24/02/2019 09:30:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - L'ordinanza n. 4653 del 15 febbraio 2019 della Cassazione (sotto allegata) dichiara inammissibile il ricorso di un marito che, già in sede di appello, si era visto rigettare la domanda di addebito avanzata nei confronti della moglie. Secondo gli Ermellini il giudice di merito ha correttamente valutato i fatti di causa nel momento in cui ha respinto la richiesta d'addebito. Non si può addebitare la separazione alla moglie che, per una malattia alla vescica, ma soprattutto a causa dei comportamenti del marito, si rifiuta di avere rapporti intimi. Nel momento in cui il marito non presta assistenza morale alla moglie e crea un'atmosfera piena di tensione, non può pensare che questo possa favorire una normale vita di coppia. La vicenda processualeIn prima istanza il tribunale rigetta la domanda di addebito di un marito nei confronti della moglie, respinge la richiesta di assegnazione della casa coniugale e dispone in favore della donna un assegno di mantenimento di 700,00 euro. Il marito ricorre in appello, ma anche in questa sede vede rigettarsi la richiesta di addebito della separazione alla moglie. Il soccombente a questo punto ricorre in Cassazione. A suo giudizio la Corte ha commesso, nel valutare i fatti, alcuni "errori di percezione". Niente addebito alla moglie che rifiuta i rapporti intimi con il marito che crea tensioneLa Corte di legittimità dichiara inammissibile il ricorso avanzato. Il ricorrente erra nel momento in cui ritiene che la corte d'appello abbia omesso di esaminare un fatto decisivo ai fini del decidere. Il fatto storico rilevante nella causa infatti è stato preso in considerazione dal giudice. La Corte nel momento in cui è stata chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di addebito della separazione alla moglie, ha ritenuto che l'allontanamento della stessa dalla casa coniugale dipendesse da due ragioni:
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