Data: 25/02/2019 11:00:00 - Autore: Marco Sicolo
Avv. Marco Sicolo - Negli ultimi anni, il concetto di danno da perdita di chance � stato utilizzato in modo spesso improprio nell'ambito della responsabilit� medica, in particolare in alcuni episodi di omessa o errata diagnosi da parte del personale sanitario.

I pi� recenti orientamenti giurisprudenziali, invece, aiutano a comprendere che, in questi casi, il concetto di chance non pu� essere mutuato, sic et simpliciter, da quei diversi settori del diritto nei quali trova, ormai, ampia e pacifica applicazione, come ad esempio il campo giuslavoristico o quello amministrativo.

Danno da errata diagnosi, il nuovo orientamento della Cassazione

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La Corte di Cassazione � stata spesso investita del compito di dirimere controversie originate dal peggioramento delle condizioni di salute di un paziente, o addirittura dal suo decesso, conseguente a una mancata tempestiva diagnosi della malattia in corso.

Come � immaginabile, gran parte di tali ricorsi riguarda casi di patologie a carattere oncologico, la cui tardiva o omessa diagnosi pu� portare, purtroppo, a conseguenze di massima seriet�.

Se per anni l'orientamento prevalente della Suprema Corte � stato quello di ricondurre tali casi nell'alveo del danno da perdita di chance (di sopravvivenza), alcuni importanti provvedimenti del 2018 hanno dato una nuova, chiara chiave di lettura per la ricostruzione di simili vicende.

Tra tutte, l'ordinanza n. 7260/18, Cass. civ. sez. III, ha chiarito che il danno subito dal paziente che non abbia ricevuto una corretta diagnosi non consiste nella perdita della possibilit� (chance) di conseguire un risultato migliore (guarigione o sopravvivenza pi� lunga e con minori sofferenze psico-fisiche), ma si sostanzia nel diritto (negato) di autodeterminarsi nella scelta dei propri percorsi esistenziali.

In altre parole, non ha senso parlare di chance, cio� di un evento incerto, quando la situazione soggettiva su cui ha inciso la mancata diagnosi � gi� certa ed esistente, ed � rappresentata dal diritto di conoscere il proprio stato di salute e di decidere se e come reagire, sottoponendosi a determinate terapie, a un intervento o anche semplicemente convivendo consapevolmente con la malattia.

Malpractice sanitaria, ecco perch� non si tratta di perdita di chance

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La questione, che, occorre sottolineare, ha richiesto un delicato sforzo di elaborazione da parte dei giudici della Suprema Corte, viene cos� risolta eliminando il ricorso alla figura del danno da perdita di chance, che per lungo tempo aveva caratterizzato le decisioni anche della stessa Corte.

In sostanza, riesce difficile � o meglio - � erroneo cercare di trasferire in ambito sanitario un concetto che � stato elaborato in altri settori del diritto per dare rilevanza a situazioni del tutto differenti, come quelle che riguardano la mancata possibilit� di ottenere un avanzamento di carriera o di partecipare e vincere in un concorso pubblico o in una gara d'appalto.

Probabilmente, in origine, l'equivoco nasce dall'uso che viene fatto del termine "chance" nel linguaggio comune, con riferimento a un delicato intervento chirurgico o a una terapia sperimentale, quando si usano espressioni come: "quante chance di sopravvivenza avr� il paziente, a seguito dell'intervento/terapia?"

Ci� ha indotto, per lungo tempo, ampia dottrina e giurisprudenza a ritenere che l'omessa diagnosi di una patologia, che abbia avuto come conseguenza la mancata tempestiva effettuazione di un intervento e il peggioramento delle condizioni di salute del paziente (o il suo decesso), incidesse su tali chances di sopravvivenza e che le stesse rappresentassero, pertanto, il bene (futuro e incerto) danneggiato dalla condotta colpevole del medico.

Una corretta ricostruzione della fattispecie, per�, evidenzia che l'evento di danno che va messo in relazione causale con la condotta omissiva � rappresentato non gi� dalle chance perdute di maggiore sopravvivenza, ma dalla stessa minore durata della vita del paziente e dalla sua peggiore qualit�, dovute alla mancanza di tempestiva diagnosi. Si veda, sul punto, l'esauriente sentenza n. 5641/18, Cass. civ. sez. III.

Conseguenze pratiche: il risarcimento danni da omessa diagnosi

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Per esigenze di brevit�, non � possibile trattare in modo pi� approfondito le varie sfaccettature che pu� presentare la questione sopra esaminata, a seconda delle diverse fattispecie che in concreto possono verificarsi: si pensi all'omessa diagnosi che provochi il decesso del paziente, o a quella che ne determini una minore sopravvivenza in caso di malattia dall'esito comunque certamente infausto, o ancora all'errata diagnosi che causi il peggiorare irreversibile di una malattia non letale (si veda, riguardo a quest'ultimo caso, Cass. civ., III sez., 29838/18).

Del resto, che la materia si presti a pi� analitiche considerazioni lo testimoniano anche i due provvedimenti pi� sopra esaminati, che, pur coincidendo nella sostanza, differiscono per il punto di vista con cui si guarda al bene danneggiato: il diritto all'autodeterminazione del paziente, secondo l'ordinanza Cass. 7260/18, e la minor durata della vita, secondo la sentenza Cass. 5641/18.

Quello che qui preme sottolineare, sotto l'aspetto prettamente pratico, � che, essendo stato escluso il ricorso alla figura della perdita di chance per ricostruire le fattispecie in esame, la domanda di risarcimento dei danni derivanti da errata diagnosi si pu� considerare pacificamente ricompresa in una generica domanda con cui si chieda il risarcimento di tutti i danni subiti per inadempimento sanitario, senza necessit� di avanzare apposita e specifica domanda, come invece accade nel caso di danni da perdita di chance.

Sempre sul piano pratico, si precisa che la sussistenza del nesso causale tra condotta ed evento va provata secondo il criterio civilistico del "pi� probabile che non".

Errata diagnosi: le ipotesi secondo la Cassazione

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Appare utile, infine, allegare un estratto della citata sentenza Cass. civ. 5641/2018, che schematizza le diverse ipotesi configurabili in caso di omessa o errata diagnosi, su cui pu� essere chiamato a esprimersi un CTU. Richiamiamo l'attenzione, in particolare, sul caso descritto sub e), che rivela la residua sussistenza di un'ipotesi di applicazione del danno da perdita di chance anche in ambito sanitario.

Secondo la Cassazione, possono, pertanto, formularsi le seguenti ipotesi:

"a) La condotta (commissiva o pi� spesso omissiva) colpevolmente tenuta dal sanitario ha cagionato la morte del paziente mentre una diversa condotta (diagnosi corretta e tempestiva) ne avrebbe consentito la guarigione, alla luce dell'accertamento della disposta CTU. In tal caso l'evento - conseguenza del concorso di due cause, la malattia e la condotta colpevole - sar� attribuibile al sanitario, chiamato a rispondere del danno biologico cagionato al paziente e del danno da lesione del rapporto parentale cagionato ai familiari.

b) La condotta colpevole ha cagionato non la morte del paziente (che si sarebbe comunque verificata) bens� una significativa riduzione della durata della sua vita ed una peggiore qualit� della stessa per tutta la sua minor durata. In tal caso il sanitario sar� chiamato a rispondere dell'evento di danno costituito dalla minor durata della vita e dalla sua peggior qualit�, senza che tale danno integri una fattispecie di perdita di chance - senza, cio�, che l'equivoco lessicale costituito dal sintagma "possibilit� di un vita pi� lunga e di qualit� migliore" incida sulla qualificazione dell'evento, caratterizzato non dalla "possibilit� di un risultato migliore", bens� dalla certezza (o rilevante probabilit�) di aver vissuto meno a lungo, patendo maggiori sofferenze fisiche e spirituali.

c) La condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata e sull'esito finale, rilevando di converso, in pejus, sulla sola (e diversa) qualit� ed organizzazione della vita del paziente (anche sotto l'aspetto del mancato ricorso a cure palliative): l'evento di danno (e il danno risarcibile) sar� in tal caso rappresentato da tale (diversa e peggiore) qualit� della vita (intesa altres� nel senso di mancata predisposizione e organizzazione materiale e spirituale del proprio tempo residuo), senza che, ancora una volta, sia lecito evocare la fattispecie della chance.

d) La condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata, sulla qualit� delle vita medio tempore e sull'esito finale. La mancanza, sul piano etiologico, di conseguenze dannose della pur colpevole condotta medica impedisce qualsiasi risarcimento.

e) La condotta colpevole del sanitario ha avuto, come conseguenza, un evento di danno incerto: le conclusioni della CTU risultano, cio�, espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all'eventualit� di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo. Tale possibilit� - i.e. tale incertezza eventistica (la sola che consenta di discorrere legittimamente di chance perduta) - sar� risarcibile equitativamente, alla luce di tutte le circostanze del caso, come possibilit� perduta - se provato il nesso causale (certo ovvero "pi� probabile che non"), tra la condotta e l'evento incerto (la possibilit� perduta) nella sua necessaria dimensione di apprezzabilit�, seriet�, consistenza".


Vedi anche:

- La raccolta di articoli in materia di responsabilit� medica

- La Guida Legale sulla responsabilit� medica


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