Data: 03/03/2019 18:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Si versa in ipotesi di colpa cosciente quando l'agente prevede che la sua condotta possa cagionare l'evento dannoso, ma agisca ugualmente con il convincimento di poterlo evitare.

Per poter verificare la sussistenza di una simile situazione il giudice dovrà valutare e indicare, in modo analitico, gli elementi sintomatici da cui sia desumibile non la prevedibilità in astratto dell'evento, ma la sua previsione in concreto da parte dell'imputato.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quarta sezione penale, nella sentenza n. 8133/2019 (qui sotto allegata).

Il caso

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Innanzi agli Ermellini ricorre un automobilista che, compiendo un sorpasso azzardato e imprudente in ora notturna, aveva urtato e investito la bicicletta guidata da un uomo, deceduto a seguito dell'impatto. Per questo, l'uomo era stato condannato dalla Corte d'Appello per il reato di omicidio colposo, con applicazione della circostanza aggravante 61 n. 3 c.p (aver agito nonostante la previsione dell'evento).

Per il giudice del gravame, la condotta tenuta dall'automobilista integra gli estremi della c.d. colpa cosciente in quanto risulta che egli si era concretamente rappresentato che, con il proprio comportamento gravemente imprudente, avrebbe potuto ledere il conducente del veicolo antagonista.

In particolare, i giudici hanno desunto questo atteggiamento interiore dalla macroscopicità della condotta colposa tenuta dall'imputato che ha ammesso di aver notato che la bicicletta procedeva in maniera zigzagante, ma, nonostante ciò, ha comunque posto in essere una pericolosissima manovra di sorpasso a velocità sicuramente eccessiva rispetto alla condizione di tempo e luogo, senza adeguatamente calcolare la distanza di sicurezza dal mezzo antagonista e senza adeguatamente calcolare la dimensione della semicarreggiata a sua disposizione.

Pertanto, secondo la Corte territoriale, l'uomo ha percepito come concrete le possibili conseguenze della propria improvvida condotta, omettendo tuttavia ogni conseguente cautela.

Dolo eventuale e colpa cosciente

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La Cassazione rammenta la differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente: si versa in questo secondo caso, di c.d. colpa con previsione, quando l'agente prevede in concreto che la sua condotta possa cagionare l'evento, ma ha il convincimento di poterlo evitare. Nel dolo eventuale, invece, l'agente non ha la convinzione di poter evitare l'evento, ma accetta il rischio che l'evento si verifichi.

Per aversi colpa cosciente non è dunque sufficiente che l'evento sia prevedibile (perché la prevedibilità dell'evento costituisce elemento ineludibile ed essenziale per poter ritenere esistente l'elemento soggettivo per ogni forma di reato colposo), ma è necessario che l'agente l'abbia previsto in concreto, sia pure con il convincimento di cui si è detto.
Il problema più complesso in queste fattispecie, come spesso avviene per gli elementi della condotta che hanno una connotazione di natura psicologica, è quello dell'accertamento in concreto degli elementi, per lo più di natura sintomatica e quindi indiziaria, dai quali sia possibile dedurre che l'agente avesse previsto, sia pure genericamente, un evento dannoso del tipo di quello effettivamente provocato.
La decisione impugnata, facendo leva esclusivamente sulla "macroscopicità della condotta colposa", ha fondato la sua valutazione su elementi certamente idonei a dimostrare l'esistenza della prevedibilità dell'evento e a confermare l'elevatissimo grado di colpa da parte dell'imputato che ha agito in violazione di numerose regole di comportamento.

Colpa cosciente si desume da elementi sintomatici

La colpa con previsione, precisano gli Ermellini, è cosa diversa rispetto alla prevedibilità dell'evento e prescinde dalla gravità della colpa, occorrendo che l'agente lo abbia concretamente previsto, rappresentandosi la possibilità del verificarsi di un evento dannoso sia pure con la convinzione di evitare che si verifichi.
Non è sufficiente, dunque, affermare la gravità delle violazioni compiute né che tale condotta gravemente inosservante rendesse prevedibile il verificarsi di un evento dannoso: la colpa, per la sua natura normativa, si fonda sulla violazione di regole cautelari che si formano su base normativa o tenendo conto dell'esperienza che consente di attribuire carattere di prevedibilità a certe violazioni.
La prevedibilità degli eventi dannosi sta alla base della formazione della regola cautelare, ma è richiesta anche la prevedibilità dell'evento in concreto verificatosi. Se si prende a parametro della colpa con previsione la prevedibilità dell'evento, sottolinea la Corte, si è fuori strada perché la prevedibilità è il fondamento della colpa.

Deve quindi esistere, perché l'evento possa essere ritenuto "previsto", un quid pluris rispetto alla sua mera prevedibilità e ciò non può essere costituito dalla gravità delle violazioni compiute, bensì da elementi, nella generalità dei casi, di natura sintomatica, che consentano di affermare che l'evento è stato effettivamente previsto dall'agente.
E ciò manca nella sentenza impugnata, nella quale il giudice avrebbe dovuto indicare analiticamente i suddetti elementi sintomatici da cui desumere non la prevedibilità in astratto dell'evento, bensì la sua previsione in concreto da parte dell'imputato.

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