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Data: 08/03/2019 10:00:00 - Autore: Paolo Accoti Avv. Paolo Accoti – Come è noto, ai sensi dell'art. 669-terdecies Cpc, rubricato sotto la voce <<Reclamo contro i provvedimenti cautelari>>, quali, ad esempio, il sequestro, la denuncia di nuova opera, il ricorso d'urgenza, è ammissibile il reclamo avverso l'ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare, nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Nello specifico, il reclamo contro i provvedimenti del Giudice singolo del Tribunale si propone al Collegio, quello emesso dalla Corte d'Appello si propone dinnanzi ad altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d'Appello più vicina.
Il reclamo contro i provvedimenti cautelari[Torna su]
Nell'ambito di tale procedimento di reclamo, disciplinato, dagli articoli 737 e 738 Cpc, è sempre possibile dedurre circostanze e motivi sopravvenuti al momento della proposizione, nel rispetto del principio del contraddittorio. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento, tuttavia, il Presidente del Tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione. Il provvedimento cautelare, caratterizzato dalla sommarietà e dalla urgenza, è destinato, tuttavia, a perdere efficacia qualora venga instaurato il successivo (facoltativo) giudizio di merito, a cognizione piena, che si definisce con sentenza. Appare evidente, quindi, che tale provvedimento non ha carattere definitivo, atteggiandosi quale misura cautelare provvisoria, anche in relazione agli effetti, potendo lo stesso produrre in via anticipata e nel momento in cui viene portato ad esecuzione, gli stessi effetti del giudizio di merito, anche per quanto concerne la condanna alle spese, ma non statuisce risolutivamente, tuttavia, sui diritti controversi, né potendo assumere autorità di giudicato sostanziale, in considerazione del fatto che, le parti hanno sempre facoltà di avviare il giudizio di merito, questo sì risolutivo dei diritti in gioco. Ecco che allora appare preclusa la possibilità di ricorre dinnanzi al Giudice di legittimità, anche in via straordinaria ex art. 111 Cost., avverso il provvedimento emesso in sede di reclamo, essendo concessa facoltà alle parti di tutelare i propri interessi avviando il vero e proprio giudizio di merito. Tale possibilità, peraltro, appare preclusa anche solo limitatamente alle spese di lite regolate in sede di reclamo. A tal proposito, infatti, qualora il soccombente non intenda proporre il giudizio di merito, fosse anche solo avverso la liquidazione delle spese di lite, può sempre opporsi al conseguente precetto ovvero all'esecuzione, qualora avviata, che risultano, infatti, giudizi a cognizione piena, nell'ambito dei quali, conseguentemente, tale condanna alle spese può essere sempre rivista. Questi i principi di diritto ribaditi dalla Corte di Cassazione (VI Sez. civile), nell'ordinanza n. 6180, depositata in data 1 Marzo 2019 (Presidente dott. P. D'Ascola, Relatore dott. M. Criscuolo). La vicenda di merito[Torna su]
Il Tribunale di Palermo rigettava il ricorso cautelare per sequestro giudiziario di alcuni immobili proposto in corso di causa. Avverso l'anzidetta ordinanza di rigetto, proponeva reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies Cpc, il ricorrente e, il Tribunale di Palermo, in composizione collegiale, con successiva ordinanza rigettava il reclamo, ritenendo sussistesse il fumus boni iuris, portato dalla sentenza di merito non definitiva – sulla scorta della quale si era agito cautelativamente e in corso di causa – ma, tuttavia, riteneva insussistente l'ulteriore, indefettibile e concomitante, requisito del periculum in mora. In conseguenza del rigetto del reclamo, parte reclamante veniva condannata al rimborso delle spese di lite. La stessa, quindi, impugna tale provvedimento innanzi alla Corte di Cassazione, affidando il ricorso ad un unico motivo, la violazione dell'art. 669-septies Cpc, lagnandosi del fatto che il Collegio, oltre al rigetto del reclamo cautelare, avrebbe erroneamente disposto anche sulla condanna alle spese di lite. La decisione della Corte di Cassazione[Torna su]
Il Giudice di legittimità ritiene debba darsi <<continuità al costante orientamento di questa Corte che anche di recente ha ribadito che (cfr. Cass. n. 11800/2012) in tema di procedimenti cautelari, l'ordinanza con la quale il Tribunale, rigettando il reclamo, condanni il reclamante alle spese, non è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., dovendo il soccombente, che non intenda iniziare il giudizio di merito, opporsi al precetto intimato, o all'esecuzione iniziata, sulla base dell'ordinanza, fermo restando che nel conseguente giudizio di opposizione, che è giudizio a cognizione piena, la condanna alle spese può essere ridiscussa senza limiti, come se l'ordinanza sul reclamo, che è provvedimento a cognizione sommaria, fosse, sul punto, titolo esecutivo stragiudiziale (conf. Cass. n. 11370/2011).>>. Specifica, inoltre, che tale principio risulta applicabile sia in ipotesi di procedimento cautelare richiesto ante causam (prima del giudizio di merito), ma anche, come nel caso concreto, nel giudizio cautelare in corso di causa, atteso che tale circostanza non può <<avere efficacia discriminante ai fini dell'ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost., essendosi, infatti, ribadita l'inammissibilità del ricorso dinanzi a questa Corte dei provvedimenti sulle spese ove il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., sia stato proposto avverso il provvedimento reso all'esito della fase cautelare nel caso di procedimenti di nunciazione (cfr. Cass. n. 16259/2017; Cass. n. 4904/2015).>>. Ciò posto, <<Ne deriva che anche nel caso qui in esame, poiché l'ordinanza de qua conserva i caratteri di provvisorietà e non decisorietà, è inidonea ad acquisire, dal punto di vista formale e sostanziale, efficacia di giudicato e non è, pertanto, ricorribile per cassazione, neppure limitatamente al profilo concernente le spese, la cui contestazione va effettuata in sede di opposizione al precetto intimato su tale titolo ovvero all'esecuzione, ove iniziata sulla base di esso.>>. In definitiva, la Suprema Corte, dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese del giudizio di legittima, in considerazione del fatto che gli intimati, in tale sede, non hanno svolto attività difensiva. |
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