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Data: 11/03/2019 16:00:00 - Autore: Marco Sicolo Avv. Marco Sicolo - Il soggetto vittima di un sinistro da cui derivi un infortunio subisce un danno alla sua integrità fisica, comunemente chiamato danno biologico, di natura non patrimoniale. Accanto a questo, può emergere anche la sussistenza di un ulteriore danno di natura patrimoniale, relativo alla lesione della sua capacità lavorativa.
Il danno alla capacità lavorativa[Torna su]
Il danno alla capacità lavorativa dell'infortunato attiene alla lesione della sua idoneità a svolgere un'attività lavorativa, in conseguenza dell'invalidità permanente provocata dal sinistro. A seconda che tale idoneità attenga al lavoro svolto dall'interessato al momento del sinistro oppure a una qualsiasi altra attività lavorativa, il concetto di capacità lavorativa si articola nelle due figure della capacità lavorativa specifica e della capacità lavorativa generica. Caratteri della lesione alla capacità lavorativa: il mancato guadagno[Torna su] In giurisprudenza è ormai pacifica la possibilità di riconoscere la sussistenza di un danno alla capacità lavorativa, in via ulteriore all'accertato danno biologico. È opportuno evidenziare che, anche se attiene al verificarsi di una possibilità futura, tale danno viene riconosciuto e liquidato perché considerato certo e attuale, seppure in chiave potenziale. In sostanza, si tratta di un danno da mancato guadagno, da considerare come lucro cessante, secondo quanto stabilito dall'art. 1223 c.c., o da inquadrare secondo i canoni della perdita di chance (si veda, al proposito, l'interessante sent. Cass. civ. sez. III, n. 20630/16, sull'alternatività del risarcimento da lucro cessante o da perdita di chance). Per valutare l'esistenza di tale danno e per liquidarlo in modo corretto, il giudice è chiamato a compiere valutazioni di carattere prognostico. Egli, infatti, oltre a valutare l'idoneità del soggetto a proseguire nella propria attività lavorativa (se attualmente occupato), dovrà considerare anche le possibilità che rimangono in capo allo stesso di svolgere altri lavori confacenti alle sue attitudini. Per compiere tali valutazioni, il giudice deve prendere in considerazione diversi fattori, come l'età, il sesso, il percorso formativo dell'infortunato, le sue attitudini e le sue attuali e precedenti esperienze lavorative. Questa delicata attività valutativa è finalizzata alla formazione di un giudizio prognostico, che spesso sfocia in una decisione di carattere equitativo. La prova per presunzioni[Torna su] Il fatto che il danno alla capacità lavorativa, sia specifica che generica, implichi una valutazione che riguarda eventi futuri e incerti, comporta che la prova del danno e del nesso causale debba essere particolarmente rigorosa, per portare alla dimostrazione di un pregiudizio apprezzabile e suscettibile di valutazione economica. Perciò, seppure è pacifica la possibilità di ricorrere alle presunzioni semplici per la dimostrazione di tale lesione, le stesse devono offrire una ragionevole probabilità della riduzione della capacità di guadagno in capo al soggetto interessato. Differenze tra la capacità lavorativa generica e specifica[Torna su] Appurato che il danno in questione sia distinto da quello biologico, va specificato che esso non si configura in modo automatico ogni qual volta residui un'invalidità permanente in capo all'infortunato. Come detto, del danno alla capacità lavorativa dev'essere data rigorosa dimostrazione, e ben può accadere che si configuri solo una delle due tipologie descritte (specifica o generica). Va detto che i confini tra i due istituti non sono sempre così netti, se è vero che alcune recenti sentenze hanno riconosciuto il danno da lesione della capacità lavorativa specifica anche a soggetti, quali i minori, le casalinghe o i disoccupati, cui solitamente era destinata la liquidazione del solo danno alla capacità lavorativa generica. Per approfondimenti leggi anche: - Il risarcimento del danno alla capacità lavorativa generica |
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