Data: 22/03/2019 22:00:00 - Autore: Marina Crisafi
di Marina Crisafi - E' da anni ormai che si parla di alienazione parentale, spesso in modo sbagliato, spesso alimentando falsi miti e spesso facendo confusione. E se da un lato, vi sono i "detrattori" che parlano di bufala scientifica, dall'altro tale fenomeno finisce sempre più frequentemente all'attenzione dei giudici, nelle aule dei tribunali di merito e della Suprema Corte di Cassazione, portando a conseguenze drastiche non solo per il genitore "alienante" ma anche e soprattutto per il bambino, "unica vera vittima" di tale processo psicologico. A fare chiarezza sul tema ci pensa un'opera completa e con contenuti inediti: "Nodi e snodi dell'alienazione parentale" scritta e curata dallo psicologo e CTU Marco Pingitore e pubblicata dalla FrancoAngeli Editore. Un'opera che tratta dell'alienazione parentale a tutto tondo, partendo dalle origini, dai falsi miti, analizzando le conseguenze giuridiche e proponendo rimedi, tra cui l'innovativo progetto di trattamento "Refare".

Dott. Pingitore, innanzitutto cos'è l'alienazione parentale?

"E' un processo psicologico che si può rilevare solo nel contesto giudiziario relativo ai contenziosi di separazione e affidamento. Rappresenta la violazione, da parte di un genitore, del diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore. L'alienazione parentale non è né una sindrome né una patologia, ma una grave violazione dei diritti relazionali del figlio. Nel libro abbiamo proposto la seguente definizione: 'L'alienazione parentale è possibile rilevarla solo nei contenziosi legali di separazione. Essa rappresenta l'impossibilità di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo tra genitore e figlio principalmente a causa dei comportamenti devianti dell'altro genitore incube. Tali comportamenti tendono a svalorizzare le capacità di comprensione e decisione del figlio fino a provocare un vero e proprio rifiuto di quest'ultimo nei confronti del genitore succube il quale rivestirà un ruolo sempre più passivo e marginale. Il processo psicologico dell'alienazione parentale determina nel figlio vittima, in relazione alla sua età e alla sua capacità di discernimento, una coartazione della sua volontà. L'alienazione parentale rappresenta la negazione del diritto del figlio alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione'.

E' necessario chiarire che si può rilevare l'alienazione parentale solo in assenza di condanne penali del genitore rifiutato per reati commessi nei confronti del figlio".

Cosa risponde a chi nega l'esistenza dell'alienazione parentale e parla di bufala scientifica?

"Se si fa riferimento all'alienazione parentale come una sindrome (PAS) nella vecchia e contestata teoria di Gardner allora le critiche sono legittime.

Sono il primo a contestare l'alienazione parentale intesa come sindrome o patologia. Tuttavia, in taluni casi è innegabile la possibilità, da parte di un genitore, di condizionare psicologicamente il figlio (età da 3-4 anni fino a circa 12 anni). Tuttavia, l'alienazione parentale è un processo psicologico che si sviluppa con il contributo dei membri del sistema padre-madre-figlio in cui l'unica vittima è il bambino.

Nel libro diamo ampio spazio al ruolo del genitore rifiutato che contribuisce, indirettamente, allo sviluppo del processo di alienazione".

Nell'opera da lei curata, si parla di falsi miti, cosa si intende?

"Abbiamo elencato delle 'false credenze' sul tema dell'alienazione parentale, come, ad esempio, rappresentarla come un conflitto coniugale oppure come un conflitto di lealtà del figlio. Inoltre, cerchiamo anche di spiegare che non si può parlare di alienazione se il genitore rifiutato continua a frequentare, seppur in modo disfunzionale, il figlio. Altro mito che sfatiamo è quello secondo cui i genitori dominanti sono sempre le madri: niente di più fuorviante poiché il fenomeno dei padri dominanti sembra essere sempre più frequente".

Quali sono le conseguenze giuridiche del comportamento del genitore alienante?

"Dipende dai Tribunali. In ogni caso, è possibile infliggere una limitazione della responsabilità genitoriale o addirittura la perdita. Alcuni Tribunali sanzionano il genitore irresponsabile utilizzando lo strumento del 709-ter c.p.c.".

Quali sono i rimedi contro l'alienazione parentale? Si può intervenire preventivamente?

"Dedichiamo un intero capitolo per rispondere a questa domanda. Come forma di prevenzione sarebbe necessario prevedere, ove possibile, sin dalle prime fasi della separazione tempi di frequentazione il più possibile bilanciati tra figlio e genitori. Se non fosse possibile, sarebbe necessario trovare il modo di coinvolgere, direttamente e indirettamente, il genitore 'sfavorito' nella vita del figlio. In ogni caso, rilevata (non 'diagnosticata') l'alienazione parentale tramite CTU è necessario intervenire con provvedimenti giudiziali finalizzati a ripristinare il rapporto tra figlio e genitore rifiutato: inversione di collocamento o trasferimento temporaneo del figlio in una struttura tutelare finalizzato al suo rientro, in tempi stretti, presso il genitore rifiutato. L'allontanamento temporaneo del figlio dal genitore dominante è necessario poiché quest'ultimo dimostra di non avere la benché minima intenzione di fare un passo indietro. L'alienazione parentale rappresenta una grave forma di violenza psicologica nei confronti del figlio. Incontri protetti, trattamenti sanitari (sostegno psicologico, psicoterapia ecc.), coordinatore genitoriale appaiono interventi del tutto inefficaci e illegittimi se disposti dal Tribunale poiché necessitano di un consenso informato libero e non viziato".

Cosa dice la giurisprudenza?

"Alcuni Tribunali concentrano la loro attenzione sui diritti relazionali dei figli, tanti altri sui diritti dei genitori attraverso un'impostazione adultocentrica. Altri ancora dispongono CTU c.d. 'trasformative' con la presunzione di poter/dover intervenire 'spontaneamente' sui genitori colpevoli del conflitto che arreca pregiudizio al figlio. Tuttavia, non è il conflitto coniugale il problema, ma i comportamenti irresponsabili dei genitori nei confronti del figlio. Due genitori possono essere ritenuti capaci ('idonei') anche se sono in conflitto, l'importante è che riescano a rispettare i diritti del figlio (ex art. 337-ter comma 1 c.c.)".

Qual è il ruolo del CTU nei casi di alienazione parentale?

"Effettuare una serie di colloqui con i membri della famiglia divisa e prestare massima attenzione alle loro dinamiche relazionali. Ampia valutazione deve essere effettuata sul motivo del rifiuto del figlio, se legittimo o immotivato. Esistono tanti casi in cui i genitori sostengono di essere 'vittime' di alienazione parentale, ma senza alcun riscontro peritale. L'alienazione parentale è un fenomeno molto complesso che richiede un'attenta lettura delle dinamiche relazionali e dei comportamenti di padre, madre e figlio".

Sarebbe auspicabile un intervento del legislatore? Qualcuno invocava l'introduzione del reato di alienazione parentale...

"A mio avviso non è necessario introdurre il reato di alienazione parentale. In ambito civile, gli strumenti giuridici per contrastarla e rilevarla sono presenti, ma potrebbe essere utile una riforma che chiarisca il significato di diritto relazionale del figlio in caso di separazione dei genitori. Il figlio ha bisogno di entrambi e vuole frequentare entrambi allo stesso modo: si separano i genitori, non i figli dai genitori".

Ci parli del suo progetto di trattamento dell'alienazione parentale.

"Si chiama Refare – Reconnecting Family Relationships program. E' un trattamento sanitario privato, di tipo psicologico, ideato ex novo da me e dalla collega Alessia Mirabelli. E' un programma specifico per i casi di alienazione parentale provenienti dai Tribunali finalizzato al solo ripristino delle relazioni interrotte tra figlio e genitore rifiutato. Il programma prevede delle precondizioni e delle specifiche fasi in cui si lavora con figlio e genitore, individualmente e insieme. Il Refare ha una durata di tre mesi. Abbiamo creato anche un sito dedicato: www.refareprogram.com".


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