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Data: 27/03/2019 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Gli operatori del diritto trovano sempre più familiarità con nozioni nate in ambito informatico. È una conseguenza della sempre maggiore diffusione e pervasività assunta da Internet nel corso degli ultimi anni che ha spinto il legislatore, nazionale e comunitario, a considerare espressamente fenomeni che possono incidere su diritti. In particolare, si è reso necessario operare un bilanciamento degli interessi coinvolti nel fenomeno internet, quali la libertà di manifestazione del pensiero, la cd. riservatezza informatica del soggetto che immette contenuti in rete, l'indipendenza degli intermediari, i diritti personalissimi dei soggetti i cui dati vengono diffusi, il diritto d'autore e ogni altra situazione giuridica soggettiva suscettibile di essere pregiudicata dall'utilizzo del mezzo. Il c.d. "caching" rientra tra quei fenomeni che la legge ha preso espressamente in considerazione, in particolare ai fini di identificare la responsabilità di coloro che prestano servizi della società dell'informazione qualora i diritti suddetti risultino violati.
Cos'è il caching[Torna su] La c.d. web cache rappresenta un livello di storage (immagazzinamento) di copie di documenti in hardware ad accesso rapido, affinché sia consentito rispondere alle richieste in maniera più rapida rispetto a quanto avverrebbe accedendo ogni volta al percorso principale in cui si trovano i dati. In sostanza, attraverso il web caching, i documenti web (pagine HTML, immagini, ecc.) vengono memorizzati temporaneamente e poi resi rapidamente disponibili in caso di successive richieste del browser dell'utente in quanto viene fornita la versione memorizzata degli elementi già recuperati o elaborati. Per svolgere tale attività il motore di ricerca procede a eseguire una copia di ogni sito che viene memorizzata temporaneamente in una cache, attività che consente di fornire per le chiavi di ricerca più frequentemente utilizzate i risultati della ricerca stessa in tempi estremamente rapidi. Il caching consente, non solo, un uso più efficiente dei dati, ma anche di velocizzare l'uso del web e consentire il risparmio di risorse. Inoltre, può servire anche per soddisfare le richieste dell'utente in caso di pagine temporaneamente non disponibili. La cache, tuttavia, può in genere memorizzare un sottoinsieme temporaneo di dati, a differenza del database dove tutto viene conservato in modo completo e durevole, dunque sacrifica la capacità in favore della velocità. Caching: cosa dice la legge[Torna su] Il riferimento normativo che si occupa del fenomeno del caching in Italia è il d.lgs. n. 70/2003, a sua volta attuativo della direttiva 2000/31/CE "relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno" (c.d. direttiva sull'e-commerce). Nel dettaglio, il decreto ha effettuato una tipizzazione delle attività che svolgono i cosiddetti "provider", ovvero i fornitori di servizi della società dell'informazione: si tratta, secondo la direttiva, di quei servizi prestati normalmente dietro retribuzione, a distanza, mediante attrezzature elettroniche di trattamento e di memorizzazione di dati e a richiesta individuale di un destinatario di servizi, onde il provider è il soggetto che organizza l'offerta ai propri utenti dell'accesso alla rete internet e dei servizi connessi all'utilizzo di essa. Il d.lgs. n. 70/2003 ha effettuato una distinzione tra: semplice trasporto (Mere conduit), memorizzazione temporanea (Caching) e memorizzazione di informazioni (Hosting). Il caching, secondo l'art. 15 del d.lgs. n. 70, consiste nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, mediante la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta. La responsabilità del cacher[Torna su] Sulla responsabilità del cacher la norma si pronuncia in senso negativo, chiarendo che questi è esonerato dalla responsabilità per i contenuti immessi da altri, qualora:
Il secondo comma dell'art. 15, invece, attiene all'ordine dell'autorità, rivolto direttamente al prestatore, con il quale gli venga imposto di impedire o far cessare le violazioni commesse. Si precisa che l'autorità giudiziaria o quella amministrativa aventi funzioni di vigilanza potranno esigere anche in via d'urgenza, che il prestatore, nell'esercizio delle attività suddette, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse. Caching e hosting: la diversa responsabilità[Torna su] Il regime di favore, così attuato, conduce ad un'indubbia minore responsabilità del prestatore rispetto alla figura del cd. hosting provider, come confermato anche nel recente arresto della Corte di Cassazione (sent. n. 7709/2019). I giudici hanno richiamato il considerando 42 della direttiva CE, secondo cui le deroghe alla responsabilità stabilita dalla stessa riguardano proprio l'ipotesi in cui "l'attività di prestatore di servizi della società dell'informazione si limiti al processo tecnico di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione". Si tratta di attività ritenuta di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, il che implica che il prestatore di servizi della società dell'informazione non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate. All'attività di memorizzazione temporanea detta caching, inoltre, sono dedicati i considerando 43 e 44, secondo i quali il prestatore del servizio beneficia delle deroghe di responsabilità quando "non è in alcun modo coinvolto nell'informazione trasmessa" e "non modifichi l'informazione che trasmette"ed altresì non "deliberatamente collabori con un destinatario del suo servizio al fine di commettere atti illeciti", vale a dire non ponga in essere un concorso attivo nell'illecito. In sostanza, una netta distinzione tra i profili di responsabilità dell'hosting provider, da un lato, e del mero caching, dall'altro lato, permea l'intera disciplina eurounitaria, e, di conseguenza, quella nazionale. La responsabilità del caching secondo la CassazionePertanto, secondo il principio di diritto enunciato dagli Ermellini nel provvedimento in esame, si ritiene che: "Nell'ambito dei servizi della società dell'informazione, la responsabilità del cd. caching, prevista dall'art. 15 del d.lgs. n. 70 del 2003, sussiste in capo al prestatore dei servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, pur essendogli ciò stato intimato dall'ordine proveniente da un'autorità amministrativa o giurisdizionale". Invero, alla stregua del sistema normativa come sopra ricostruito, al prestatore del servizio che fornisca una mera attività neutrale di caching la legge non richiede che, sol perché reso edotto di specifici contenuti illeciti con una diffida extragiudiziale o perché proponga una domanda giudiziale al riguardo, spontaneamente li rimuova. Leggi anche Hosting provider
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