Data: 05/09/2021 06:00:00 - Autore: Marco Sicolo

Cos'è il capital gain

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Con l'espressione capital gain si indica il guadagno ottenuto attraverso la vendita di strumenti finanziari ad un prezzo maggiore rispetto a quello di acquisto.

In altre parole, il capital gain, detto anche guadagno in conto capitale, è la plusvalenza realizzata nella compravendita di azioni e obbligazioni, che si sostanzia in un utile di capitale.

Capital Gains e disciplina fiscale: novità in arrivo

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Il capital gain può essere ottenuto sia nell'ambito di attività imprenditoriale che al di fuori di essa. A seconda dei casi, risulta differente il regime di tassazione di tali guadagni.

Le plusvalenze ottenute in regime di impresa contribuiscono a formare il reddito d'impresa e quindi rientrano nel normale calcolo Irpef o Ires.

Più articolata, invece, è la disciplina fiscale delle plusvalenze ottenute al di fuori di un'attività d'impresa o di una professione, che rientrano nella definizione di redditi diversi di cui all'art. 67 TUIR. In tale ambito si distingue tra guadagni ottenuti dai piccoli risparmiatori e guadagni ottenuti da quegli investitori che conseguono un potere di gestione all'interno delle società di cui detengono azioni.

Capital gains: novità in arrivo con la Riforma fiscale 2021

La Riforma Fiscale, di cui si sta parlano in questi giorni e a cui si vuole mettere mano proprio a settembre, prevede delle importanti novità anche per quanto riguarda i capital gains. Come emerge dalla indagine conoscitiva sulla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti
del sistema tributario della Commissione permanente Finanze "Le decisioni relative alla tassazione dei redditi di natura finanziaria sono cruciali
per la crescita economica di lungo periodo." Da qui l'idea di abbassare la tassazione sulle rendite finanziarie dall'attuale 26% al 23%, esclusi però i titoli di Stato, che continueranno ad essere sottoposti all'aliquota agevolata del 12,5 % e la previdenza complementare, che sarà interessata da misure specifiche.

Le partecipazioni qualificate e non qualificate

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A questo proposito, si distingue tra partecipazioni non qualificate (quelle dei piccoli investitori) e partecipazioni qualificate. Queste ultime, a norma dell'art. 67 comma 1 lett. c) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, sono quelle che, considerate complessivamente, "rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 percento, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, a seconda che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni".

Come vedremo tra breve, a fronte di una tradizionale differenziazione del regime di tassazione delle plusvalenze, a seconda che le stesse siano ottenute con la cessione di partecipazioni qualificate o non qualificate, le più recenti riforme, completate con la Legge di Bilancio 2018 n. 205/17, ne hanno sostanzialmente reso uniforme il trattamento fiscale.

La tassazione delle plusvalenze nell'ordinamento italiano

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Storicamente, l'utile capitale ottenuto dai piccoli risparmiatori ha goduto di una tassazione più favorevole rispetto a quello guadagnato dagli investitori titolari di partecipazioni qualificate. Questo perché si preferiva tutelare l'attività di chi si limita a investire i propri risparmi, rispetto a quella di chi tende a partecipare in maniera attiva alla gestione delle società di cui si è azionisti.

Questa linea di principio, seguita dal legislatore fino a poco tempo fa, si risolveva nel consentire al titolare di partecipazioni non qualificate di godere di un imposta sostitutiva sulle plusvalenze, inizialmente pari al 12,5% del guadagno lordo (art. 5 c. 2 del D.L. 461/97). In alternativa, al risparmiatore è consentito scegliere di avvalersi dell'intervento di un intermediario finanziario (es. banche, SIM) che agisca quale sostituto d'imposta, effettuando la ritenuta alla fonte sui guadagni in conto capitale, con evidenti facilitazioni dal punto di vista della regolarità degli adempimenti fiscali.

Ai titolari di partecipazioni qualificate, invece, era preclusa la possibilità di ricorrere al risparmio amministrato o gestito da un intermediario, ma soprattutto non era applicabile l'imposta sostitutiva: il capital gain da partecipazioni qualificate formava una massa autonoma che andava a concorrere, per una certa percentuale, alla formazione del reddito complessivo del soggetto, su cui poi veniva calcolata l'Irpef progressiva.

Con il tempo, però, l'aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze non qualificate e le contemporanee modifiche relative alla percentuale di capital gain "qualificato" da conteggiare nel reddito Irpef complessivo, hanno portato a una conseguenza diametralmente opposta allo spirito iniziale della normativa di settore.

Infatti, sotto certi aspetti, il risparmio degli investitori qualificati aveva finito per ricevere un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quello riservato ai piccoli risparmiatori

Nel solco di questi eventi si inserisce la Legge di Bilancio 2018.

Legge di bilancio 2018 e Capital Gains

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Con la legge di bilancio 2018 è avvenuta una sostanziale equiparazione, ai fini fiscali, del capital gain da partecipazioni qualificate e non qualificate. Tali redditi costituiscono, adesso, un'unica massa, che consente la compensazione tra plusvalenze e minusvalenze, senza che occorra distinguere tra quelle derivanti da partecipazioni qualificate e non.

Tutte queste plusvalenze, comprese quelle che derivino esclusivamente da partecipazioni qualificate, sono oggi assoggettate ad un'imposta sostitutiva con aliquota al 26%.

Inoltre, anche i titolari di partecipazioni qualificate possono usufruire, a partire dal 2019, delle modalità di risparmio amministrato e risparmio gestito, ottenute attraverso l'operato degli intermediari finanziari.

In sostanza, a differenza del passato, il legislatore ha preferito perseguire un obiettivo di semplificazione e uniformità del sistema fiscale relativo ai capital gains, piuttosto che focalizzarsi sulla maggior tutela dei piccoli risparmiatori.


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