Data: 30/04/2019 21:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con l'ordinanza n. 10725/2019 (sotto allegata) nel rigettare il ricorso di una societ� datrice di lavoro, gi� condannata al pagamento di pi� 40.000 euro per mobbing, precisa che chiedere continuamente e in modo pressante alla propria dipendente assente per malattia chiarimenti sulle sue condizioni di salute e sulle cure mediche a cui deve sottoporsi, privandola delle sue mansioni al rientro e chiedendole di dimettersi costituisce condotta mobbizzante.

La vicenda processuale

Il Tribunale accoglie il ricorso di una lavoratrice riconoscendole il diritto all'inquadramento nel II livello del CCNL di categoria, dichiarando l'illegittimit� del licenziamento intimatole per violazione del periodo di comporto e condannato la societ� datrice al pagamento:

  • della somma di 41.043,00 euro oltre interessi legali a titolo di risarcimento per mobbing;
  • delle somme di 5.000,00 euro per differenze retributive relative al superiore inquadramento riconosciutole;
  • di 8.384,88 euro per indennit� da licenziamento illegittimo.

La societ� datrice impugna la sentenza, ma la Corte respinge l'appello, ragione per la quale ricorre in Cassazione. Vari i motivi del ricorso, tra i quali per l'argomento che qui interessa trattare, "violazione degli artt. 132, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. quale error in procedendo e motivazione apparente e contraddittoria, in riferimento alla giustificazione della condanna risarcitoria per condotte vessatorie (essenzialmente individuate nelle richieste di chiarimenti alla lavoratrice sulle sue assenze per malattia, nella privazione della parte pi� rilevante delle sue mansioni al rientro dalla malattia, nella richiesta di dimissioni) da parte della Corte territoriale in base, non gi� ad una volont� mobbizzante dolosa (come il Tribunale), ma ad una responsabilit� colposa in violazione dell'art. 2087 c.c." La lavoratrice resiste con controricorso e memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.

Continue e pressanti richieste di chiarimenti su assenze per malattia e cure � mobbing

La Cassazione nell'ordinanza n. 10725/2019, sulla contestata dolosit� della condotta della societ� datrice ritiene, contrariamente alla tesi della ricorrente che essa :

  • "si � esplicata nei medesimi comportamenti datoriali (di continue e pressanti richieste di chiarimenti alla lavoratrice sulle sue assenze per malattia e sulle cure mediche, di privazione della parte pi� rilevante delle mansioni al rientro dalla malattia, di richiesta di dimissioni rifiutata dalla medesima) emersi dall'istruzione testimoniale e confermati dalla C.t.u. esperita, condivisi nella valutazione di illiceit� da entrambi i giudici di merito";
  • "che essi sono stati apprezzati alla stregua di condotte vessatorie integranti mobbing anche dalla Corte territoriale, come evidente dai condivisi arresti giurisprudenziali citati e riconducibili a responsabilit� datoriale a norma dell'art. 2087 c.c. (�) che una tale riconducilit� � coerente con i consolidati principi di diritto affermati in sede di legittimit� per cui, ai fini della configurabilit� del mobbing lavorativo, l'elemento qualificante, che deve essere provato da chi assuma di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell'illegittimit� dei singoli atti bens� nell'intento persecutorio che li unifica: sicch� la legittimit� dei provvedimenti pu� rilevare indirettamente perch�, in difetto di elementi probatori di segno contrario, sintomatica dell'assenza dell'elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata (�)."


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