Data: 28/04/2019 10:30:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - È illegittimo il provvedimento di espulsione del migrante emesso dal prefetto prima che la Commissione territoriale abbia esaminato la domanda di asilo: anche se "prima facie" il richiedente sembra non avere le carte in regola per ottenerla, la verifica delle condizioni di ammissibilità è deputata alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 11309/2019 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di un migrante che aveva impugnato il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto deducendo di aver inteso proporre domanda di protezione internazionale in sede di primo accesso.

Il caso

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La sua opposizione era stata respinta dal Giudice di Pace poiché, dal foglio notizie compilato dal richiedente, era emerso che egli aveva dichiarato di essere giunto in Italia perché orfano e accusato di furto nel paese d'origine.

Ad avviso del giudice a quo, dunque, in tale condizione doveva reputarsi corretta e comunque non abusiva la valutazione della questura di Milano circa l'insussistenza dei requisiti per accedere alla protezione internazionale, non avendo il ricorrente provato l'esistenza dei presupposti in essa associati.

In Cassazione, la difesa del migrante evidenzia come il decreto di espulsione fosse stato adottato dopo che si era recato presso gli uffici di questura al fine di presentare una richiesta di asilo politico, sulla quale né il prefetto né il questore avevano titolo per interloquire, essendo la relativa valutazione riservata alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il diritto del richiedente che ha proposto domanda di protezione internazionale

La Corte di Cassazione, nell'accogliere l'istanza, rammenta che l'art 7 del d.lgs. n. 25/2008 prevede e disciplina il diritto del richiedente di rimanere nel territorio dello stato durante l'esame della domanda di protezione internazionale che egli ha parimenti diritto di formulare in sede di accesso.

Ancora, ai sensi dell'art. 3 dello stesso d.lgs., le autorità competenti all'esame delle domande di protezione internazionale sono le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale di cui all'art. 4. L'ufficio di polizia di frontiera e la questura, invece, sono competenti soltanto a ricevere la domanda.
Gli Ermellini rammentano che chi ha proposto domanda di protezione internazionale è poi autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fino alla decisione della commissione territoriale sulla domanda stessa, con la sola salvezza delle ipotesi di cui al comma secondo dell'art. 7 d.lgs. n. 25 del 2008 (v. Cass. n. 19819/2018).
Tutto ciò comporta che, da un lato, sussiste il divieto di espulsione in presenza della rituale proposizione della domanda di protezione e, dall'altro, che non la questura (come implicitamente ritenuto dal giudice di pace nel caso di specie), ma unicamente la commissione territoriale è legittimata a esaminare il merito della suddetta eventuale domanda.

Stop decreto espulsione del Prefetto prima dell'esame della Commissione

Nel caso di specie, il questore, dopo che il ricorrente si era presentato per fare la domanda "di asilo politico", aveva attinto notizie sulle relative motivazioni (come emergenti dal foglio notizie mentovato dal giudice di pace) e, valutando negativamente la congruità delle medesime, aveva trasmesso gli atti direttamente al prefetto per l'emissione del decreto espulsivo.
La Cassazione sottolinea l'illegittimità di tale provvedimento, che il giudice di pace avrebbe dovuto ravvisare. Con tale agire, infatti, gli organi dell'amministrazione hanno di fatto impedito al ricorrente di ottenere dall'unico soggetto a ciò deputato (la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale) la verifica delle condizioni di ammissibilità (e di eventuale fondatezza) della domanda che egli aveva intenzione (oltre che pieno diritto) di avanzare. Il ricorso va dunque accolto e, decidendo nel merito, la Corte stabilisce l'annullamento del decreto di espulsione.

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