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Data: 06/05/2019 16:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - Con ordinanza n. 11739/2019 (sotto allegata) la Cassazione rigetta il ricorso del datore di lavoro, condannato in sede d'appello a risarcire un'insegnante per danno da mobbing, perché la dirigente scolastica, nonostante la comprovata patologia tumorale della dipendente, ha inviato troppe visite fiscali, ha chiesto spiegazioni in occasione dell'assenza a uno solo di detti controlli e ha sottoposto l'insegnate a continui controlli, anche durante le ore di lezione, da parte del personale scolastico. Condotte da ritenersi mortificanti per un 'insegnante capace e apprezzata e quindi meritevoli di risarcimento. La vicenda processualeIn riforma della sentenza di primo grado la Corte d'appello accoglie la domanda di risarcimento avanzata da una dipendente del Ministero dell'Istruzione, in qualità di insegnante di un Istituto Tecnico Commerciale. La Corte rileva la responsabilità datoriale per condotte mobbizzanti e vessatorie consistenti nella irrogazione di tre provvedimenti disciplinari offensivi e degradanti. Dalle testimonianze è emersa la pretestuosità della contestazione relativa all'utilizzo improprio, da parte dell'insegnante, dei bagni degli alunni, dettato da problemi di salute della stessa. Ingiustificabili altresì le frequenti visite fiscali inviate per verificare le ragioni dell'assenza della dipendente, affetta da una patologia tumorale. Così come sono da ritenere degradanti i continui e improvvisi controlli da parte del personale scolastico, anche durante le ore di lezione e la richiesta di continue spiegazioni relative all'assenza a una visita fiscale. La condotta denigratoria della professionalità della docente è apparsa del tutto ingiustificata oltreché riconducibile a un risentimento risalente nel tempo e reiterato, tanto da cagionare all'insegnante un danno alla sua dignità e salute. Danni riconducibili, nella specie, alla condotta della responsabile dell'amministrazione, autrice materiale del mobbing. Ricorrono in Cassazione il Ministero dell'Istruzione e l'Istituto Tecnico Commerciale contestando la riconducibilità della condotta della dirigente a mobbing, stante l'assenza dell'intento persecutorio e dell'elemento soggettivo caratterizzante tale fattispecie. Mandare troppe visite fiscali è condotta mobbizzanteLa Cassazione con ordinanza n. 11739/2019 rigetta il ricorso in quanto, conformemente a un consolidato principio giurisprudenziale il giudice di secondo grado ha ritenuto che "ai fini della configurabilità del mobbing l'elemento qualificante, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell'illegittimità dei singoli atti bensì nell'intento persecutorio che li unifica" che non sono stati negati in sede d'appello, come invece erroneamente sostenuto dal ricorrente. Inoltre la Corte d'Appello "non ha omesso l'esame dell'elemento soggettivo del mobbing ma lo ha anzi positivamente accertato, affermando che nei confronti della lavoratrice era stata attuata una condotta mobbizzante, alla luce della palese pretestuosità delle tre sanzioni disciplinari e della complessiva condotta della dirigente scolastica (…) chiaramente non espressiva di un contrasto momentaneo ed episodico, ma frutto di un risentimento maturato nel tempo ed anche presumibilmente costantemente e reiteratamente manifestatosi." Leggi anche: - Cassazione: il mobbing va provato - Quando la visita fiscale è vessatoria |
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