|
Data: 07/05/2019 21:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Nel giudizio per violazione degli obblighi di assistenza familiare (ex art. 570, comma secondo, n. 2, del codice penale), il giudice dovrà verificare se la condotta del genitore abbia in concreto comportato in capo ai beneficiari la mancanza dei mezzi di sussistenza e lo stato di bisogno. A tal fine, l'inadempimento parziale agli obblighi fissati dal giudice con la sentenza di separazione con affidamento condiviso dei figli andrà confrontato con l'erogazione di altre somme asseritamente rilevanti (ad esempio quelle per spese scolastiche, vacanze o altro) nonché con la messa a disposizione della casa familiare in comunione fra i coniugi.
La vicenda[Torna su] Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 18572/2019 (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di un padre condannato in sede di appello per violazione degli obblighi di assistenza familiare in danno dei figli minori. Il ricorrente, tuttavia, ritiene che il giudice a quo abbia errato nel ritenere integrato il reato in mancanza di prova dello stato di bisogno dei minori, evidenziando di aver comunque provveduto a sostenere le spese per scuola, attività sportive, prestazioni medico-sanitarie e altro. Con un provvedimento articolato e puntualmente motivato, i giudici si occupano di dettagliare la disciplina attualmente vigente e le differenze tra le incriminazioni in materia di assistenza familiare e mancata corresponsione degli assegni di mantenimento e divorzio. Violazione degli obblighi di assistenza familiare: la normativa[Torna su] In primis, i giudici rammentano che, con il d.lgs. n. 21/2018, le incriminazione di cui agli artt. 12-sexies della L. n. 898/70 e 3 della L. n. 54/2006 sono state abrogate e le relative condotte, in termini sostanzialmente inalterati, sono state trasferite nel novellato art. 570-bis del codice penale. Stante la sovrapponibilità delle condotte, dunque, si ritengono tuttora validi i principi elaborati al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità e ormai stabilizzati. Nel caso in esame, il fatto di cui è colpevole il ricorrente è stato riqualificato nel reato previsto dall'art. 570, comma secondo, n. 2, del codice penale e si tratta di un reato diverso da quello previsto dal citato art. 12-sexies. Nel primo caso, la condotta consiste nella mera inosservanza dell'obbligazione civile, ovvero nella mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio, a prescindere dalla prova della mancata messa a disposizione dei mezzi di sussistenza e dello stato di bisogno dell'avente diritto. Proprio perché i reati si fondano su presupposti diversi, la prevalente giurisprudenza di legittimità è ormai orientata nel ritenere che sussista concorso formale eterogeneo, e non un rapporto di consunzione, fra i due delitti. Nel caso di specie, si ritiene che il giudice del gravame non abbia tenuto conto dei tratti strutturali delle incriminazioni e del discrimen tra le fattispecie: nel riqualificare il fatto originariamente contestato in quello previsto dall'art. 570, comma secondo, n. 2, c.p., i decidenti di merito hanno dato conto dell'inadempimento agli obblighi economici da parte del genitore, e, tuttavia, hanno omesso di compiere un'indagine circa l'effettivo riflesso dell'inadempimento all'obbligo di versamento dell'assegno di mantenimento sulle condizioni dei minori e, in particolare, se tale inadempimento avesse determinato il venir meno dei mezzi di sussistenza e lo stato di bisogno. Non è revocabile in dubbio (come confermato da consolidata giurisprudenza) che lo stato di bisogno dei figli minori sia presunto, salvo prova contraria, e nondimeno, trattandosi di una presunzione di natura relativa, la sussistenza di tale situazione avrebbe dovuto essere verificata alla luce delle specifiche circostanze dedotte dalla difesa a sostegno del contrario. Stato di bisogno e mancanza mezzi di sussistenza[Torna su] In particolare, i giudici della cognizione avrebbero dovuto considerare tutti i parametri indicati dalla difesa, ovvero: - l'entità dell'assegno versato dal padre per circa un anno (pari a 5.500 euro mensili, di cui 1.500 a favore della moglie e i restanti 4.000 a favore dei figli), obiettivamente suscettibile di capitalizzazione o accantonamento; - la circostanza che l'imputato, pur omettendo il versamento dell'assegno, avesse continuato a pagare per intero le rette delle scuole private frequentate dai tre figli, a sostenere i costi delle loro vacanze estive e invernali e dell'attività sportiva; - la circostanza che avesse "lasciato" che moglie e figli continuassero ad abitare nel lussuoso alloggio (dal valore stimato di circa 4 milioni di euro), in quanto la ex coniuge si era rifiutata di venderlo per acquistare tre appartamenti più piccoli da intestare ai figli. La Corte ribadisce che di stato di bisogno può parlarsi solo allorquando il soggetto obbligato faccia mancare i "mezzi di sussistenza", nozione non riconducibile a quella di mantenimento e che non si identifica con il concetto civilistico di alimenti. I mezzi di sussistenza includono quanto necessario per la sopravvivenza vitale (vitto e alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione). Il giudice a quo, dunque, avrebbe dovuto confrontarsi con tali parametri e valutare se dalla condotta inadempiente dell'imputato fosse davvero derivata quella situazione integrante la materialità del reato di incolpazione. Assistenza familiare: vacilla la condanna se il genitore paga ai figli vacanze, scuole e sport[Torna su] La Corte territoriale, invece, ha ritenuto provato lo stato di bisogno dei minori con motivazione manifestamente incongrua e, nella sostanza, apodittica essendosi limitata a rilevare l'inadempimento dell'assegno di mantenimento, ma senza aver attentamente verificato se da esso fossero discesi anche gli ulteriori elementi costitutivi del reato di cui all'art. 570 cit. La ratio dell'incriminazione di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2, rammenta la Corte, non è quella di sanzionare l'inosservanza agli ordini impartiti dal giudice in sede di separazione o di divorzio allorché l'agente sia tenuto al mantenimento dei figli minori o maggiorenni inabilitati al lavoro o del coniuge non economicamente autonomo (situazione posta appunto a base delle incriminazioni di cui ai citati artt. 3 e 12-sexies), ma quella di colpire quella condotta di inosservanza agli obblighi di assistenza economica che appunto si traduca anche nella deprivazione dei bisogni familiari della vita quotidiana. La fattispecie ha dunque una cornice più circoscritta, non discende dalla mera inosservanza agli obblighi di "mantenimento" e "alimentari", è indipendente dalla condizione sociale del destinatario e si riferisce alle sole cose necessarie per assicurargli una vita dignitosa, secondo parametri di carattere universale che non tengono conto della provenienza sociale dell'obbligato, né dell'avente diritto. Nel giudizio dl rinvio, il Collegio di merito, in applicazione dei principi di diritto sopra delineati, dovrà dunque verificare se l'inadempimento parziale agli obblighi fissati con la sentenza di separazione con affidamento condiviso dei figli, con erogazione di somme asseritamente rilevanti (sotto forma di contributo alle spese scolastiche, vacanze o altro) nonché con la messa a disposizione della casa familiare in comunione fra i coniugi, abbia o meno comportato, in concreto, in capo ai beneficiari la mancanza di mezzi di sussistenza e lo stato di bisogno, nei termini delineati dalla giurisprudenza di legittimità. |
|