Data: 08/05/2019 18:00:00 - Autore: Redazione

di Redazione - Nello svolgimento della propria attività professionale, il ginecologo deve sempre tenere conto che per la liceità del compimento di atti invasivi della libertà sessuale di una persona è indispensabile acquisire il consenso, anche se ci si trova in ambito diagnostico e terapeutico.

La tematica è infatti giunta di recente all'attenzione della Corte di cassazione che, con la pronuncia numero 18864/2019 qui sotto allegata, ha precisato se, e a quali condizioni, lo svolgimento della professione sanitaria con il compimento di atti invasivi della libertà sessuale del paziente costituisce un limite alla configurabilità del reato di violenza sessuale.

L'espresso dissenso non serve

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Per i giudici bisogna innanzitutto ricordare che affinché tale reato si configuri non è necessario un dissenso espresso della vittima, ma è sufficiente che l'agente sia consapevole dell'assenza di una chiara manifestazione di consenso dell'altra parte al compimento di atti sessuali a suo carico.

Consenso esplicito e informato

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A ciò si aggiunge che l'attività diagnostica o terapeutica del medico è esercitata legittimamente e lecitamente solo se vi è stato un consenso esplicito e informato del paziente e non può essere proseguita se quest'ultimo abbia manifestato il suo dissenso e sia capace di intendere e di volere.

L'attività del ginecologo

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Sulla base di queste premesse, il ginecologo, nell'esercizio della sua attività diagnostica o terapeutica, "può lecitamente compiere atti incidenti sulla sfera della libertà sessuale di un paziente solo se abbia acquisito un consenso esplicito ed informato dallo stesso, o se sussistano i presupposti dello stato di necessità". Egli, poi, "deve immediatamente fermarsi in caso di dissenso del paziente".

Di conseguenza, il semplice fatto di recarsi dal ginecologo non vuol dire accettare implicitamente di essere visitati ma è indispensabile che la paziente fornisca sempre il proprio consenso esplicito.

La circostanza che il medico non abbia chiesto il consenso prima di procedere al compimento di atti che incidono sulla sfera di autodeterminazione della libertà sessuale rappresenta una violazione di un obbligo giuridico idoneo a integrare un'ipotesi di violenza sessuale.

Con la precisazione, fatta dalla Cassazione, che "ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, non è necessario che la condotta dell'agente sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del suo piacere sessuale".

L'ignoranza non scusa

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Ciò posto, l'errore del medico circa l'esistenza di un obbligo giuridico di acquisire il consenso della paziente prima di procedere al compimento di atti incidenti sulla sua sfera di autodeterminazione della libertà sessuale "costituisce errore su legge penale, a norma dell'articolo 5 cp, che non esclude il dolo, ed esclude la colpevolezza solo in caso di ignoranza inevitabile".



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