Data: 16/05/2019 20:50:00 - Autore: Redazione

di Redazione – "Una legge che ha riflessi non soltanto giuridici ma anche culturali. Esce definitivamente di scena il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Il legislatore ha ritenuto di codificare i recenti principi sanciti dalla Suprema Corte di Cassazione, adeguandosi peraltro a quasi tutti gli ordinamenti degli altri paesi europei nei quali l'assegno divorzile è quasi del tutto uscito di scena". Con la riforma "bipartisan" si attua insomma "una rivoluzione copernicana del diritto di famiglia cambiando radicalmente i parametri di riconoscimento e quantificazione dell'assegno divorzile". E' questo il commento del presidente dei matrimonialisti italiani (Ami), Gian Ettore Gassani, sul ddl approvato ieri alla Camera che cambia criteri dell'assegno divorzile.

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I nuovi criteri dell'assegno di divorzio

I nuovi criteri – prosegue il presidente Ami – "non escludono il diritto del coniuge economicamente più debole a ricevere l'assegno in sede di divorzio, bensì circoscrivono tale diritto a precise condizioni. In caso di matrimoni di breve durata, l'assegno di divorzio può essere concesso soltanto a tempo, ossia viene data una possibilità al coniuge economicamente più debole di inserirsi nel contesto del lavoro per raggiungere la propria indipendenza economica. Nel caso in cui il coniuge economicamente più debole sia autosufficiente dal punto di vita economico (stipendi, rendite, pensioni o proprietà immobiliari) l'assegno di divorzio non è riconosciuto".

La legge prevede peraltro – prosegue – "che l'assegno di divorzio non venga riconosciuto o venga successivamente revocato nel caso in cui il coniuge che lo riceve abbia allacciato una stabile relazione more uxorio con altro compagno/a. Tali principi si applicano anche alle coppie unite civilmente".

Assegno divorzio perequativo/compensativo

L'assegno di divorzio, dunque, viene riconosciuto, seppur disancorato dal tenore di vita, dice ancora Gassani, "nel caso in cui si tratti di matrimoni di lungo corso (almeno venti anni), a condizione che il coniuge che avanza pretese in tal senso sia in grado di provare in giudizio di aver fornito un importante contributo alla crescita umana, sociale, economica e professionale dell'altro coniuge. O nel caso in cui, raggiunta una certa età che non gli consentirebbe un reinserimento nel mondo del lavoro, non possa godere di mezzi per il proprio sostentamento. Analogo principio vale per i coniugi inabili al lavoro, dichiarati tali da un'apposita commissione". In sostanza, sarà "perequativo/compensativo nel pieno rispetto del principio della solidarietà, che consenta a chi lo riceve una esistenza tranquilla" ma sarà la giurisprudenza a dover sancire quali sono i parametri per stabilire l'ammontare dell'assegno". Questa legge, insomma, conclude Gassani, "tende ad attribuire un significato diverso all'istituto del matrimonio che non può essere più considerato come l'automatico raggiungimento di una sicurezza economica a vita".

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