Data: 29/05/2019 11:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – La residenza, secondo quanto disposto dall'articolo 43 del codice civile, è il luogo in cui una persona ha la sua dimora abituale.

La sua identificazione consente di rintracciare legalmente ogni cittadino e rileva sotto molteplici punti di vista.

Cos'è la residenza fittizia

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La residenza deve coincidere con il luogo in cui il soggetto vive per la maggior parte dell'anno.

Si definisce residenza fittizia, invece, quella fissata in un luogo del quale un soggetto ha la disponibilità ma nel quale non trascorre abitualmente la sua vita. Si pensi alla casa al mare o alla casa dei genitori, ove qualcuno può decidere con incoscienza di fissare la propria residenza per alleggerire la propria posizione fiscale o per godere di determinati benefici.

Dichiarare all'anagrafe una residenza fittizia è un comportamento illecito.

Obbligo di dichiarare il cambio di residenza

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A tale proposito basti pensare che la legge impone al cittadino che cambia la propria residenza di dichiarare la nuova al Comune di destinazione (e non a quello di origine) entro massimo 20 giorni dal trasferimento.

Nelle successiva 48 ore, l'ufficio anagrafe provvederà all'aggiornamento dei registri e la modifica della residenza diventerà effettiva e ufficiale.

Residenza fittizia: revoca

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Il Comune, dopo aver registrato un cambio di residenza, può incaricare la polizia municipale di eseguire i controlli necessari per accertare che non si tratti di una residenza fittizia.

Se in tal modo scopre che il cittadino ha dichiarato una residenza falsa, dispone la revoca del cambio e il soggetto è dichiarato irreperibile. Possono poi scattare dei controlli fiscali e penali.

Residenza fittizia: reato

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Come chiarito in più occasioni dalla giurisprudenza, del resto, dichiarare una residenza fittizia può integrare il reato di falso in atto pubblico. Infatti, la dichiarazione del cittadino viene trasfusa dall'ufficiale che la riceve in un atto che ha la natura di atto pubblico.

Sul punto si veda, tra le varie pronunce, quanto sancito dalla Corte di cassazione nella sentenza numero 29469/2018, ove si legge che "la dichiarazione di residenza rientra nella previsione di cui all'art. 483 c.p., essendo un atto destinato a provare la verità di un fatto a norma dell'art. 46 lett b) DPR 445/2000, collegandosi proprio tale efficacia probatoria al dovere del dichiarante di affermare il vero. Né rileva ai fini della consumazione del reato che tale dichiarazione sia trasfusa in un atto (pubblico) distinto dalla medesima, atteso che, a norma dell'art. 75 legge citata - emanata per venire incontro all'esigenza di semplificazione della documentazioni amministrativa tra pubbliche amministrazioni e privati cittadini - le dichiarazioni sostitutive di certificazioni sono state pienamente equiparate agli effetti penali agli atti pubblici, essendo "considerate come fatte a pubblico ufficiale" (il quale ovviamente le raccoglie in un atto pubblico). Dunque, come già affermato da questa Corte (vedi parte motiva sez 5 n. 25927 del 7.2.2017, Rv. 270447) , le dichiarazioni rese ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR 445/2000 devono essere incluse tra gli atti pubblici, con ogni conseguenza derivante dalla falsità delle medesime".

Merita di essere segnalata, in proposito, anche la sentenza numero 15651/2014, nella quale si è sancito che "Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico mediante induzione in errore del pubblico ufficiale la condotta di colui che ottenga la iscrizione nelle liste anagrafiche comunali dichiarando falsamente, prima, in allegato alla richiesta indirizzata agli uffici dello stato civile di aver trasferito la propria residenza nel comune in questione, e, successivamente, in sede di verifica da parte dei vigili urbani, di abitare insieme alla propria famiglia nel luogo indicato, a nulla rilevando, ai fini della affermazione della responsabilità del privato, la circostanza che il "deceptus" sia tenuto e possa effettuare controlli sulla veridicità di quanto dichiarato".

Residenza fittizia: le sanzioni

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In ragione di quanto appena visto, chi dichiara una residenza falsa rischia una condanna penale alla reclusione da tre mesi a due anni. Si tratta, infatti, della pena fissata dall'articolo 483 del codice penale per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Chi dichiara una residenza fittizia può inoltre subire la revoca dei benefici fiscali o assistenziali ottenuti proprio perché aveva dichiarato falsamente di risiedere in un determinato luogo.

Infine, tale soggetto rischia di soggiacere alla disciplina per la notifica degli atti giudiziari agli irreperibili, con tutte le conseguenze che ne possono derivare dal punto di vista processuale.

Vai alla guida Atti giudiziari: notifica a persona irreperibile


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